“Potremmo dargli gli arresti a casa della Boldrini, magari le mette il sorriso, che ne pensate?” questo fu il commento che Matteo Camiciottoli, sindaco di Pontinvrea, fece poco tempo dopo il feroce stupro di una donna commesso da un gruppo di giovani immigrati. Il fatto avvenne a Rimini nel settembre del 2017 . Un’offesa rivolta a Laura Boldrini, che allora era la terza carica dello Stato e a tutte le donne. Dopo poco più di un anno è arrivata la condanna da parte del tribunale di Savona. Il sindaco dovrà pagare 20mila euro di multa, 20mila euro di risarcimento a Laura Boldrini e anche le spese processuali. Se la sentenza sarà confermata nei tre gradi di giudizio, Camiciottoli potrà usufruire della condizionale evitando di pagare ventimila euro allo Stato italiano ma dovrà comunque risarcire Laura Boldrini e anche le cinque associazioni che si sono costituite parte civile. D.i.Re donne in rete contro la violenza, Differenza Donna, l’Udi, il Centro per non subire violenza di Genova e Se non ora quando di Torino hanno ottenuto un risarcimento simbolico: 100 euro ciascuna. Laura Boldrini ha dedicato la sentenza alla figlia perché abbia fiducia nella giustizia e a tutte le figlie d’Italia perchè non abbassino mai la testa di fronte alla violenza.

L’avvocata Nadia Calafata, consulente legale del Centro antiviolenza Mascherona di Genova, incaricata da D.i.Re di rappresentarla nel processo, parla di due importanti riconoscimenti: “Questo processo e questa sentenza hanno riconosciuto il disvalore del linguaggio violento che sui social ormai da anni, colpisce soprattutto le donne e accogliendo la costituzione di parte civile delle associazioni che tutelano i diritti delle donne ha riconosciuto il danno che le ingiurie sessiste causano agli interessi e ai valori sostenuti da quelle associazioni”. Matteo Camiciottoli che non si è mai scusato, in aula si è difeso con una maldestra esibizione di mirror climbing: “Nessun invito allo stupro, ma solo una contestazione politica. Non inciterei mai allo stupro, anzi ritengo che per gli stupratori occorra l’ergastolo. Volevo solo fare una critica politica: se lei è così favorevole a un’immigrazione incontrollata, che include anche i delinquenti, allora forse ospitarli le avrebbe fatto piacere”.

Quello di Camiciottoli è stato uno dei tanti esempi di hate speech che in Italia colpisce in misura superiore le donne. Il 63% dei tweet negativi sono destinati a donne, lo rilevò nel 2017 la relazione finale della Commissione Jo Cox sui fenomeni di odio, intolleranza, xenofovia e razzismo, presieduta proprio da Laura Boldrini, dimostrando “l’esistenza di una piramide dell’odio alla cui base si pongono stereotipi, rappresentazioni false o fuorvianti, insulti, linguaggio ostile normalizzato o banalizzato e, ai livelli superiori, le discriminazioni e quindi il linguaggio e i crimini di odio”. Dalle parole si passa ai fatti. Non sono esenti dall’hate speech nemmeno i luoghi istituzionali che si contraddistinguono per attacchi sessisti contro deputate, senatrici, assessore, consigliere. Un linguaggio violento che è adottato anche da donne nei confronti di altre donne.

Il rovescio della medaglia dell’inciviltà sessista che è sempre sessuofobica e misogina, è il vanto sull’onorabilità delle “proprie donne” di partito. Nel marzo del 2018 Beppe Grillo sentenziò che “le donne del M5s sono diverse da quelle di Berlusconi non la danno nemmeno ai mariti“. Grattando dietro la patina sottile della battuta comica si coglie la ruggine di chi pur ironizzando, si fa garante della sessualità delle donne del proprio partito refrattarie al sesso perfino con i mariti e quindi di comprovata onorabilità e nello stesso tempo getta discredito sulle donne altrui che sono sessualmente attive e quindi sporche e poco onorabili? Una onorabilità che si riflette sul partito perché nella cultura machista e sessista, la morale sessuale delle donne è sempre stata riflesso dell’onorabilità degli uomini. Ma c’è anche di più. L’insulto sessista mortifica, deumanizza le donne, aggredisce la loro autorevolezza e non c’è arma più efficace dell’insulto che definisce una donna come un oggetto sessuale (ancor peggio quando si da il via alla rappresentazione in vignette o post di stupri virtuali) per depotenziarla e cercare di silenziarne parole e pensieri. E’ noto che Laura Boldrini è tra le politiche più colpite dalle ingiurie sessiste per le sue posizioni riguardo l’immigrazione e soprattutto i diritti delle donne. Spesso i politici hanno dato il via alla canea sui social che hanno riversato sulle pagine virtuali, insulti di una volgarità e violenza inaudite.

Nel Rapporto delle associazioni di donne sull’attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia, trasmesso lo scorso ottobre al Consiglio d’Europa, si legge che la violenza verbale viene rivolta a donne di qualunque schieramento politico: “Dai tempi dell’ascesa di Berlusconi, la donna è stata rappresentata anzitutto come oggetto di fantasie/desideri sessuali da comprare o da relegare al tipico ruolo di moglie mantenuta. Nulla è cambiato con l’ingresso di nuovi protagonisti e politici, anzi il sessismo e la visione stereotipata delle donne sono stati sdoganati al punto da diventare normale nella dialettica politica. L’insulto o le offese sessiste o a sfondo sessuale hanno raggiunto nuove vette: Massimo de Rose (M5s) “le donne del Pd sono arrivate qui soltanto perché sono capaci di fare pompini“, Angelo Garbini di Sel per “difendere” l’ex ministra Kyenge alla quale Dolores Valandro (Lega) aveva augurato di essere stuprata, dichiarò “mollatela in un recinto con una ventina di negri” e nel 2016 Grillo lanciò il tweet “Boschi dove sei in tangenziale con la Pina” facendo riferimento esplicito alla attività di prostituzione in strada. Spesso al linguaggio violento dei politici si affianca il linguaggio violento dei giornali, Virginia Raggi venne appellata “Patata bollente” sulle pagine di Libere insultata con epiteti sessisti in altre occasioni. E come non ricordare i senatori Lucio Barani e Vincenzo D’Anna per i gesti osceni fatti in aula nei confronti della senatrice Barbara Lezzi?

Lo scenario è avvilente ed è davvero terribile che un uomo, un sindaco che rappresenta un’intera comunità, auguri uno stupro per far tornare il sorriso ad una donna. Sindaco Camiciottoli, le donne sorridono per molti motivi ma mai per uno stupro, per esempio abbiamo sorriso in tante quando abbiamo letto la sentenza del tribunale di Savona che ha condannato la violenza delle sue parole e le auguriamo che finalmente maturi in lei l’idea di chiedere scusa a Laura Boldrini e a tutte le donne.

@nadiesdaa

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