Paradossi italiani: quello che non dovrebbe crollare – ponti, università, cavalcavia – oggi cede sotto il peso dell’incuria, della mancata diagnostica e manutenzione. E quello che si mette in conto possa rovinare da un momento all’altro – una delle massime icone dell’arte e dell’architettura italiana, la torre di Pisa, fragile e magnifica, alta 58,36 metri, famosa nel mondo per la sua anomala pendenza ma che sarebbe degna di essere famosa anche se non pendesse, da sempre a rischio di collasso strutturale – ha recuperato circa quattro centimetri di inclinazione in 20 anni: oggi è stabile e questo risultato è un successo tutto italiano del quale essere orgogliosi.

La Torre romanica – iniziata nel 1173 e terminata nel 1350 – assieme al Duomo, il Battistero, il Camposanto e lo Spedale di Santa Chiara fa parte del complesso dei cinque Mirabilia Urbis pisani, “cose che bisogna ammirare”, che si dispiegano sul Prato dei Miracoli: così denominò l’aringo medievale Gabriele D’Annunzio. Già in fase di costruzione, comincia a pendere per effetto della natura del suolo: costruita su una piana alluvionale in cui si alternano e mescolano sabbia e argilla, dal 1911, anno in cui inizia a essere misurata regolarmente, la Torre si inclina progressivamente e nel 1990 il rischio crollo dovuto al ribaltamento e al collasso strutturale è concreto.

Il governo italiano, subito dopo il crollo della torre civica di Pavia nel 1989, chiude la torre di Pisa e stanzia 50 miliardi di lire per la sua messa in sicurezza; costituisce un comitato multidisciplinare per la sua salvaguardia formato da 14 membri tra esperti internazionali di Storia dell’arte medievale, archeologia, restauro, geologia, ingegneria strutturale e ingegneria geotecnica: che svolge – dal 1990 al 2001 – un lavoro lungo, complesso e difficilissimo per ridurne l’inclinazione, consapevole che il minimo errore potrebbe essere fatale.

Perché dobbiamo guardare a questi quattro centimetri che hanno sovvertito le sorti della Torre più famosa del mondo con orgoglio? Perché è la testimonianza tangibile di un’Italia delle competenze e dell’eccellenza, a partire dal lavoro degli esperti: un processo di studio e decisionale lento ma necessario, durato dal 1993 al 1997, per poi procedere all’inizio dei lavori veri e propri di sottoescavazione della Torre durati dal 1999 al 2001. Alla lungimirante e concordata decisione di sottrarre la Torre di Pisa a tutte le autorità: al Genio Civile, alla Soprintendenza ai monumenti. Sarà proprio questa autorità speciale a consentire di decidere e deliberare con esiti rapidi e positivi. E infine, è la testimonianza di un’Italia che era consapevole dell’importanza e del valore del proprio patrimonio culturale.

Mentre oggi i nostri soprintendenti e direttori di musei sono invitati ad andare in giro con il cappello in mano a chiedere l’elemosina delle sponsorizzazioni – ricorda Salvatore Settis che di quella commissione di esperti faceva parte – nell’Italia del 1990, quando da tutto il mondo arrivarono offerte economiche di sponsorizzazioni per salvare la Torre, l’Italia orgogliosamente rifutò l’aiuto in denaro: “questo è un monumento italiano, lo paga il governo italiano”.

Ci auguriamo che la Torre di Pisa diventi un simbolo di questa Italia avviata su un piano inclinato: che fragile e magnifica possa ritrovare le risorse e la forza. Non solo di arrestare la sua discesa, ma persino riassestarsi e recuperare stabilità.

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