Proprio oggi compie 70 anni Alan Parsons, non esattamente un musicista qualunque. A dire il vero definirlo tale è quantomeno riduttivo. Di lui è nota anche l’attività legata alla produzione del suono. Ciò che certamente è evidenziabile sta nel fatto che sia dietro una consolle di registrazione oppure alle prese con qualche strumento, resta una figura iconica nel mondo della musica rock e che merita di essere celebrata.

Molto si dovrebbe scrivere ma per questioni di spazio e tempo è impossibile farlo. Proverò a definirlo in pillole mediante le consuetudini di questo blog, caratterizzato da nove punti e altrettante canzoni racchiuse in una playlist finale.

E allora cominciamo.

1 • Alan Parsons nasce come tecnico e ingegnere del suono. Nato in Gran Bretagna il 20 dicembre 1948, ha iniziato la sua carriera musicale agli EMI Studios, ottenendo una significativa visibilità nel settore grazie a quanto fatto nel 1969 con uno dei tanti capolavori dei BeatlesAbbey Road. Ancora prima si registra la sua attività presso gli Abbey Road Studios come second engineer per la realizzazione di Let it BeBe. Non è tutto. A pochi giorni di distanza dal suo ingresso ufficiale a fianco dei Beatles, il 30 gennaio Alan presta il suo lavoro di tecnico ad un evento destinato a rimanere nella storia: l’ultimo concerto della band, sul tetto degli Apple Studios al n°3 di Savile Row.

2 • E a proposito dell’esperienza vissuta con i Beatles, l’artista ricorda: “La mia attività di produttore e tecnico è stata fortemente ispirata dai Beatles, più precisamente da Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Dopo aver sentito quel disco la mia vita cambiò radicalmente e decisi che avrei voluto capire come questi quattro ragazzi avessero potuto mettere insieme un disco come quello. Una volta venuto a contatto con la “macchina Beatles” che si nascondevano quattro individui umili, pronti a lavorare senza mai tirarsi indietro. Al tempo di Abbey Road, ricordo che il gruppo fece la maggior parte del lavoro, soltanto in un secondo momento, dopo che le tracce ritmiche di base furono eseguite, riuscimmo a subentrare noi tecnici per lavorarci e fu così per il resto del disco”.

Dopo aver sentito il disco dei Beatles ‘Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band’ la mia vita cambiò

3 • Ma la proverbiale reputazione che lo caratterizza è cresciuta a dismisura lavorando su Dark Side of the Moon dei Pink Floyd. Le tecniche di registrazione utilizzate ancora oggi risultano essere influenti e innovative. A quel tempo esisteva già la consapevolezza che quello sarebbe stato tra gli album più importanti della band ma nessuno avrebbe potuto immaginare quanto, dopo quarant’anni, avrebbe potuto ancora essere celebrato e venduto. A riguardo dice: “In termini tecnici, è stato un lavoro impegnativo, usavamo “tape machines” da tre diversi studi contemporaneamente per ottenere determinate cose e il risultato – ancora oggi – è realmente straordinario”.

4 • Alan Parsons project è un progetto che nasce nel 1975, generato insieme a Eric Woolfson (morto nel 2009). Ragioniere di professione, ma pianista e compositore per diletto in cerca di fortune. Il duo ha fornito notevoli impulsi all’evoluzione della musica rock; Parsons ha offerto un contributo sostanziale allo sviluppo delle tecniche di registrazione mentre la produzione discografica è fortemente caratterizzata dall’unione tra strumentazione classica e la tecnologia del tempo. Da questo incontro nasce una meditazione in grado di generare nuove e definitive coordinate per il rock sinfonico.

5 • Il disco di maggior successo del duo è “Eye in the sky”; un vero e proprio blockbuster per la musica contemporanea; contiene, infatti, la prima traccia totalmente suonata da un computer nella storia della musica leggera (Mammagamma), a dimostrazione di come gli Alan Parsons Project fossero aperti ad ogni tipo di sperimentazione (cit. Wikipedia). Non è tutto. Il singolo omonimo, cantato da Woolfson, raggiunge in gran parte del mondo la prima posizione; un pezzo destinato a restare uno degli evergreen degli anni ottanta. Sebbene il titolo viene preso a prestito dal romanzo di Philip K. Dick, l’album deve anche influenza a “1984” di George Orwell ed in parte risente ancora della tematica del precedente “The Turn Of A Friendly card”. Tra le curiosità da segnalare, la partecipazione del saxofonista Mel Collins e l’uso per la prima volta del Fairlight, ad opera di Parsons (cit. Parsons Day, sito italiano).

https://www.youtube.com/watch?v=5S-q_3NFFzs

6 • Gli Alan Parsons Project durante il periodo inerente il massimo splendore (tra il 1975 e la metà degli anni 80) non hanno mai suonato dal vivo. A tale riguardo il musicista afferma: “Il nostro primo vero spettacolo lo tenemmo ad Amburgo, in Germania (non è chiara la data, lui afferma sia il 1999 ma esistono contributi che lo vedono già nel 1995 su un palco); una volta terminata la prima canzone, gli applausi, ci fecero capire realmente quanto la gente piacesse la nostra musica. Potrebbe sembrare strano ma fino allora non eravamo mai stati di fronte a un pubblico vero e proprio. A proposito della formazione, Woolfson uscì dal gruppo all’inizio dagli anni 90. Generando in quel periodo una certa ambiguità espressiva e musicale (il nome subì differenti variazioni). Alan Parsons proseguì un’intensa attività musicale solista, cominciata intorno alla metà degli anni 90.

7 • Alan, è anche un acclamato vocalist, tastierista, bassista e chitarrista, ha lavorato a più di 40 album nel corso di oltre quarant’anni di carriera. In un periodo di revisionismo musicale imperante, viene celebrato per gli album classici del gruppo ma se mai doveste chiedere consigli ad un vero fan, la risposta che vi sentirete dire è che “il progetto”, per essere compreso, andrebbe ascoltato in toto.

8 • La musica di Alan Parsons è stata campionata innumerevoli volte da diversi producer. “Face to Face” dei Daft Punk , “Keisha” di Kendrick Lamar oppure “Shadows” di Styles P. Brani che attingono copiosamente ad “Old and Wise”, uno dei pezzi più celebri del duo, inserito all’interno di Eye in the Sky.

9 • Il musicista, ha confermato che all’inizio del 2019 sarà pubblicato un album di studio dopo 15 anni: con il titolo provvisorio “The Secret”. A tale riguardo dice: “È un lavoro molto importante, in grado di includere temi musicali e lirici molto vicini al mio cuore e dunque alla sensibilità musicale che mi definisce. Non voglio rivelare altro, conclude, vorrei che le aspettative del caso fossero totalmente rispettate.

Vi lascio con la solita playlist. Immaginatela come un disco ideale: quattro canzoni sul lato A e cinque sul lato B.

Buon ascolto.

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