Cultura

Prima della Scala, le 10 cose da sapere: da quel tocco di Rossini sullo spartito di Verdi all’organizzatore delle nozze di Ferragnez

Dove seguire lo spettacolo (tv, radio, piazze: quasi ovunque), di cosa parla l'Attila, perché la Scala si chiama la Scala fino alla scena censurata per volere del sindaco di Cenate Sotto. Ecco un prontuario utile per seguire l'ultimo appuntamento davvero mondano che si svolge in un teatro, com'era un tempo (e ora sempre meno)

di Beatrice Manca

Perché il Teatro alla Scala si chiama così e perché la Prima è il 7 dicembre? Dove si può vedere? Di che parla Attila? Guida minima essenziale per la Prima delle prime, in dieci punti.

Di cosa parla Attila
Il libretto si ispira a una tragedia di Zacharias Werner: il barbaro Attila, che ha saccheggiato Aquileia con il suo esercito, risparmia la valorosa Odabella, figlia del defunto re. Ma lei, che è innamorata – ricambiata – di Foresto, giura vendetta, mentre il generale romano Ezio cerca di trattare con i barbari per risparmiare Roma. Fu eseguita per la prima volta a Venezia nel 1846 e diventò popolare, alla vigilia dei moti risorgimentali, soprattutto per lo spirito nazionalista di cui era intrisa. In questo nuovo allestimento, il regista Davide Livermore la ambienta in una terra occupata di un Novecento indefinito, ricostruito con la scenografie di Giò Forma. Cantano Ildar Abdrazakov nel ruolo di Attila, Saioa Hernández come Odabella, Fabio Sartori come Foresto e George Petean come Ezio.

Dove vederla e ascoltarla (per esempio sul divano)
Il 7 dicembre si potrà vedere la Prima vedere comodamente da casa, a partire dalle 17.45. Verrà trasmessa in diretta televisiva su Rai1 e su Rai1 HD (canale 501). Oltre tre ore di trasmissione, completa di sottotitoli. Oppure la si potrà ascoltare in diretta su Radio3, con Gaia Varon e Nicola Pedone. Chi si trova a Milano potrà vederla anche dal maxischermo collocato al centro dell’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele II, proprio a due passi dal teatro Piermarini. La Prima sarà distribuita anche nei cinema, in Italia e all’estero, e il prossimo anno uscirà anche l’edizione dvd.

No, la prima non è sempre stata il 7 dicembre
La tradizione di inaugurare la stagione lirica nel giorno di Sant’Ambrogio, patrono della città, risale al 1951. Quell’anno Victor De Sabata dirigeva una giovane Maria Callas ne I Vespri siciliani. Precedentemente, la stagione operistica più importante era quella di Carnevale, che iniziava subito dopo Natale. Gli altri teatri hanno date variabili: Roma, Venezia e Napoli hanno già inaugurato le loro stagioni, rispettivamente con Rigoletto, Macbeth e Così Fan Tutte. Negli altri Paesi è invece una tradizione pressoché assente. L’unica apertura di stagione celebre è quella del Metropolitan Opera House di New York, seguita da una sontuosa cena di gala.

Quel tocco in più di Rossini, il ritorno del Dolore di Foresto
Verdi compose Attila a 33 anni, tra Giovanna d’Arco e Macbeth, durante i cosiddetti “anni di galera“, come lo stesso compositore definì un periodo di lavoro incessante. Ma prima del trio del terzo atto, ci sono alcune battute aggiunte da Rossini in persona: lo spartito autografo fu inviato alla signora Verdi con la dicitura “Sans le permission de Verdi”. “Cinque battute – ha commentato il direttore d’orchestra Riccardo Chailly – che ci fanno capire quanto Rossini in tarda età ammirasse e avesse studiato attentamente quest’opera”. Inoltre è stata reinserita la romanza O dolore di Foresto, che Verdi compose per la Prima scaligera, ma da allora mai più eseguita. Fino ad oggi.

La scena censurata perché lo voleva il sindaco di Cenate Sotto
Ancor prima di essere rappresentata, l’opera aveva già fatto parlare di sé per via della polemica su una presunta scena blasfema: Giosuè Berbenni, sindaco di Cenate Sotto nel Bergamasco, ha chiesto alla sovrintendenza della Scala che venisse eliminata la scena in cui una statua della Vergine Maria veniva scaraventata a terra in un bordello. Anche se la scena in questione non era affatto ambientata in un bordello, ma nell’accampamento di Attila, e il gesto veniva immediatamente punito dalla furia celeste, è stata comunque cambiata: non più un’icona sacra, ma un idolo pagano.

L’ultima resistenza del teatro come sinonimo di mondanità
Non è solo un importante evento culturale, ma anche – e soprattutto – un appuntamento mondano, ultimo retaggio di un’epoca in cui il teatro era il centro della vita sociale del Paese, il luogo in cui si intessevano relazioni e si concludevano affari, tra politica, pettegolezzi e intrecci amorosi. Alla Prima partecipano alte cariche istituzionali, politici (la loro presenza, o assenza, è significativa) e celebrità di ogni tipo. Il foyer è anche una passerella, dove gli abiti delle signore vengono giudicati con attenzione. Curiosità: in molti si sono chiesti il significato della singolare illuminazione della piazza, accesa di rosso carminio. Si tratta semplicemente della trovata pubblicitaria di una maison francese per il lancio di un profumo.

La cena di gala (allestita dall’event designer di Chiara Ferragni e Fedez)
Dopo lo spettacolo c’è una tradizionale cena di gala per 500 ospiti selezionati tra autorità, artisti e celebrità varie. L’evento viene ospitato nei saloni della Società del Giardino. Il menù è a cura dello chef Daniel Canzian, l’allestimento è invece è di Vincenzo Dascanio, noto al pubblico per aver curato il ricevimento di nozze di Chiara Ferragni e Fedez. Il designer è famoso per i sontuosi allestimenti floreali dei suoi eventi: per decorare i tavoli della cena scaligera, in tema con la scenografia di Attila, verranno utilizzati più di diecimila steli.

Pellicce e disoccupati: le contestazioni, da Capanna in poi
Dagli anni Sessanta in poi, la Prima della Scala è diventata anche il luogo di manifestazioni e proteste: nel 1968, anno del Don Carlo di Luca Ronconi e delle contestazioni studentesche, Mario Capanna lanciava uova sul pubblico che entrava in doppiopetto e pellicce. Nel 1984 fu la volta degli operai licenziati della Magneti Marelli, nel 2012 i centri sociali scesero in piazza contro il governo Monti. Oltre alla contestazione sociale, è forte quella animalista contro le pellicce. Quest’anno gli attivisti hanno protestato anche per l’uso dei due cavalli in scena. “Gli animali non sono burattini”, si legge sui cartelli.

Il terrore dei loggionisti
Vuole la tradizione che il pubblico che siede nel loggione del Piermarini sia il critico più integerrimo che esista: nemmeno la Callas è stata risparmiata dal lancio di ravanelli. Nel 1989 Katia Ricciarelli fu fischiata per la sua interpretazione di Luisa Miller da loggionisti particolarmente agguerriti. Comunque, il pubblico del 7 dicembre non è il primo banco di prova di un’opera, che viene visionata in anteprima dai ragazzi under30 il 4 dicembre. Il pubblico giovane è il più attento: può essere entusiasta, ma anche molto severo.

Perché la Scala si chiama la Scala
Il teatro fu costruito nel 1776, per volere di Maria Teresa d’Austria, dopo l’incendio del Teatro Regio. Per far posto alla nuova costruzione, fu abbattuta una chiesa gotica, Santa Maria alla Scala, fatta edificare nel 1381 da Beatrice Regina della Scala, discendente di una dinastia veronese e sposa di Bernabò Visconti, signore di MilanoGiuseppe Piermarini era l’architetto (umbro di Foligno). E ancora oggi l’icona di una scala è uno dei simboli della città di Verona. Il tempio della lirica era in origine molto diverso da come lo immaginiamo oggi: al suo interno si mangiava, si beveva e si giocava d’azzardo. I palchetti erano privati e, spesso e volentieri, diventavano alcove per gli amanti.

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