È sempre più evidente come l’Unione Europea rischia di mettersi nei guai, determinati dalle sue scellerate politiche di subordinazione alle lobby, dalla sua cieca accettazione dei dogmi neoliberisti, dal venir meno di ogni principio di solidarietà nei rapporti reciproci, dalle sue impostazioni economiche e finanziarie che, rinunciando a un massiccio intervento pubblico, distruggono ogni possibilità di futuro per salvaguardare le rendite finanziarie di determinati settori sociali. Bisogna tuttavia considerare che la strada scelta dal governo in carica per contrapporsi a tali politiche è la peggiore possibile. Al netto delle solite insulse spacconate di Matteo Salvini – che non fa altro che riprendere, rafforzandole, quelle a suo tempo già fatte da Matteo Renzi – non è dato cogliere alcuna idea alternativa di Europa e alcun progetto di alleanze con altri Stati e settori sociali trasversali che consenta di portarla avanti.

Siamo chiari. La battaglia per cambiare le politiche scellerate dell’Europa è sacrosanta e altrettanto lo è quella per affermare i diritti sociali e le esigenze popolari che in tali politiche trovano uno spazio sempre più scarso. Ma condurle in chiave nazionalistica è quanto di peggio si possa fare. In tal modo infatti non solo si toglie spazio alla battaglia sacrosanta in questione, ma si rischia pesantemente di entrare in un vicolo cieco, la permanenza nel quale costerebbe, e molto, al popolo italiano e specialmente alla sua parte più povera e meno garantita.

Del resto oggi l’Italia è chiaramente isolata nell’ambito dell’Unione europea. Gli “alleati” sovranisti di Salvini che sono al governo nei rispettivi Paesi, a cominciare dall’ungherese Viktor Orban, non pensano per nulla di dissociarsi dai diktat della Commissione e delle istituzioni europee. Nulla è stato fatto – e ciò è comprensibile data l’impostazione geograficamente austro-ungarica e politicamente sovranista e di destra del master of card del Salvimaio – per stipulare alleanze solide con i governi dei Paesi mediterranei come Portogallo, Spagna e Grecia, con i quali abbiamo molto più in comune che con i nazionalisti del Nord. Che da bravi nazionalisti pensano esclusivamente agli interessi ed esigenze proprie e se ne fregano altamente del popolo italiano, con buona pace di Salvini, Di Maio & C.

Dal canto suo la burocrazia europea, capeggiata da personaggi oramai screditati definitivamente come Jean Claude Juncker, approfitta dell’assist di Salvini e soci per riaffermare le sue politiche, ringraziando in cuor suo gli dei protettori della finanza per aver loro inviato degli avversari così sprovveduti, privi di strategia e facili da battere. Facendo carne di porco del nostro disgraziato Paese in mano a siffatti condottieri e dare così un esempio anche ad altri potenziali indisciplinati.

Del resto la tattica disastrosa che il Salvimaio sta seguendo, con le continue sparate – specie di Salvini – contro l’Europa, riflette questioni di sostanza. I contraddittori e confusi programmi di questo governo, che si illude di salvare capra e cavoli mettendo insieme la pace fiscale (e quindi la salvaguardia degli evasori fiscali che costituiscono parte non trascurabile della sua base elettorale), il cosiddetto reddito di cittadinanza (che poi tale non è e costa comunque cifre ingenti) e la quota 100 sulle pensioni, non raccolgono alcuna credibilità in giro. Non solo e non tanto per le deprecabili impostazioni neoliberiste delle burocrazie europee, ma perché si tratta, per l’appunto, di un programma confuso e contraddittorio che non comporta alcun risanamento di talune storiche magagne della situazione nostrana, a cominciare da detta evasione fiscale. Condirlo di invettive elettoralistiche contro gli euroburocrati non lo rende certo più digeribile, ma costituisce solo un vuoto espediente retorico, al pari della campagna di odio e discriminazione contro i migranti.

Al netto delle chiacchiere e delle roboanti proclamazioni c’è ben poco. Viene confermato in tutto e per tutto il disastroso modello di sviluppo che sta portando tutto il pianeta alla catastrofe ambientale e si ribadiscono i tagli all’istruzione e alla ricerca. Cominciano ad avvedersene importanti settori popolari, a cominciare dagli studenti che scendono in piazza e dagli operai che fischiano Di Maio nella “sua” Pomigliano. La verità è che di questo governo ci si deve sbarazzare in fretta e prima che faccia danni ulteriori di vario genere. Al tempo stesso occorre predisporre alleanze e strumenti per l’alternativa, mettendo insieme le sparse membra della sinistra (quella vera), un Pd finalmente derenzizzato (ma sul serio) e un Movimento 5 stelle che deve destarsi dalla fascinazione neodemocristiana (nel senso peggiore del termine) di Luigi Di Maio e dalla tutela autoritaria dei guardiani della piattaforma Rousseau (una sorta di teocrazia laica che anziché Allah ha per riferimento un Beppe Grillo sempre più appannato e invecchiato).

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Manovra, non è più tempo per l’eurofobia. Siamo diventati degli Tsipras qualunque?

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