La scorsa legislatura si è distinta per una serie di conquiste nel campo dei diritti civili: dal divorzio breve alle unioni civili (anche per gli omosessuali) fino alla difficile vittoria sul testamento biologico. Il seguito naturale di questa legge dovrebbe essere il varo di una norma che legalizzi l’eutanasia, rendendo non più necessari i drammatici viaggi in Svizzera come quello del Dj Fabo e i conseguenti, clamorosi processi come quello a Marco Cappato. Ma anche – lo sottolineo perché da qualche tempo questo tema è scomparso dal dibattito sulle scelte di fine vita – evitando gran parte dei mille suicidi di malati che l’Istat registra ogni anno. Un numero – tre sventurati che ogni giorno trovano in morti orrende la loro “uscita di sicurezza” da una vita che è solo sofferenza senza speranza – che dovrebbe far vergognare, e forse anche impietosire, i nostri legislatori.

Per questo non mi ha sorpreso la notizia di un documento interreligioso che cristiani, ebrei e anche una rappresentanza di musulmani stanno preparando sul tema del fine vita, con riferimento particolare “al pericolo di legalizzare l’eutanasia e il suicidio medico assistito, anziché garantire le cure palliative e il rispetto completo della vita che è dono di Dio”. Di nuovo questa insensata contrapposizione fra eutanasia (per chi non vuole più vivere) e cure palliative (per chi malgrado tutto vuol continuare a vivere).

La notizia è stata diffusa dal Vaticano con una nota in cui si sottolinea che Papa Francesco ha “benedetto” questa iniziativa e ha promesso il suo personale impegno. Ancora una volta, dunque, il Papa argentino promuove un’iniziativa del tutto superflua, visto che l’opposizione radicale della Chiesa all’eutanasia è perfettamente definita dal punto di vista morale e religioso, a tutti nota e continuamente proclamata. Dunque, non un’iniziativa di studio e di riflessione su un problema nuovo da affrontare, ma l’ennesima interferenza del Vaticano nella vita politica italiana, in violazione dell’articolo 7 della Costituzione.

A meno di tre mesi dal 90esimo anniversario del Concordato, è dunque necessario richiamare le forze politiche all’opportunità – ma forse è più giusto dire “alla necessità” – di ridurre il potere della Chiesa intaccando alcune delle sue roccaforti: dall’ora di religione (con l’esercito di insegnati designati dalla Chiesa che “passano avanti” in graduatoria rispetto a tutti gli altri aspiranti insegnanti) fino ai pazzeschi criteri di ripartizione degli 8 per mille “non destinati” e alle esenzioni dal pagamento dell’Imu su troppi immobili della Chiesa, che hanno richiamato l’attenzione (e la condanna) della Corte di Giustizia europea.

Un’altra notizia che è stata data con rilievo in questi giorni è la preoccupazione del Vaticano per il calo della popolarità del pontefice sia negli Stati Uniti sia nel cattolicissimo Sud America. Le ragioni sarebbero da un lato l’avvicinamento del Papa alla Cina, dall’altro gli scandali della pedofilia diffusa fra i sacerdoti. Su questa seconda motivazione, sottolineo due vicende cui i giornali italiani, per lo più fortemente “papalini”, hanno dato pochissimo rilievo. Mi riferisco ai casi dei cardinali Bernard Francis Law e George Pell, entrambi accusati di aver protetto i preti pedofili nei rispettivi Paesi: gli Stati Uniti e l’Australia. Law, reso famoso dal film Spotlight, è morto nel dicembre scorso e il Papa ha scelto inspiegabilmente di intervenire ai suoi funerali, svoltisi solennemente nella Basilica di San Pietro. Pell è stato posto al vertice delle finanze vaticane proprio da Papa Bergoglio quando erano ben note la accuse rivoltegli dal governo e dalla magistratura australiani.

Del resto, questo divario fra il dire e il fare caratterizza spesso il comportamento di Papa Bergoglio. Due esempi:

1. Il Papa argentino ha promesso fin dal suo insediamento di ridurre il livello sfarzoso di vita delle autorità vaticane. Ma quando è esploso il caso del cardinale Tarcisio Bertone e del suo sfarzoso attico di 700 mq, per la cui ristrutturazione furono utilizzati 400mila euro messi a disposizione dall’ospedale Bambin Gesù, non risulta che il Papa sia intervenuto, almeno pubblicamente.

2. Il Papa, giustamente a favore dell’accoglienza nelle polemiche sugli immigrati, ha promesso solennemente che ogni parrocchia italiana avrebbe accolto almeno quattro persone: il che avrebbe portato (visto che le parrocchie sono circa 25mila) a 100mila immigrati con un tetto sulla testa. Risultati: non pervenuti. Ma nulla basta per rivedere il giudizio dei media italiani, che di fatto hanno già beatificato Papa Bergoglio.

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