Baidu, colosso che in Cina ricopre il ruolo che altrove è di Google, ha sviluppato un nuovo sistema di Intelligenza Artificiale per trovare lavoro. Proprio così, uno di quei tremendi robot che da più parti sono accusati di rubare il lavoro e compromettere il futuro di noi tutti, usati invece come strumento per trovare il lavoro ideale.

È un sistema concettualmente semplice: il computer legge curriculum e annunci, comprende quello che c’è scritto e genera l’incrocio ideale tra domanda e offerta. Tanto per il candidato quanto per l’azienda che pubblica l’annuncio la promessa è quella di trovare la risposta ideale, perfetta.

Baidu-Headquarter
Immagine: Depositphotos

L’algoritmo risponde al nome di Person-Job Neural Network, e la sua missione non è semplice. Si tratta di comprendere mille e più modi di dire la stessa cosa, come per esempio “project manager” o ” abilità nella gestione di progetti”. O ancora, bisogna comprendere che dietro a molte richieste ci sono sempre le stesse competenze, come la gestione di documenti Excel o la comunicazione scritta in una certa lingua. E tra chi afferma di avere quelle competenze deve selezionarne solo alcuni, leggendo il resto del profilo. Sarebbe già difficile per un team di persone specializzate, per una macchina diventa una sfida di alto livello.

Gli esperimenti hanno portato a risultati positivi ma, per quanto possa sembrare paradossale, nell’immensità dei curriculum e degli annunci disponibili non ci sono ancora abbastanza dati per soddisfare la voracità degli algoritmi. Succede così che con i titoli di studio, tutti chiedono “diploma o superiore”, il sistema fatica a capire quali candidati abbiano un profilo accademico preferibile.

Un sistema imperfetto dunque, che comunque Baidu userà (probabilmente) per posizionare meglio gli annunci di lavoro quando un cliente compra spazi pubblicitari per renderli più visibili – è lo stesso modus operandi di Google.

Quello di Baidu non è certo l’unico esempio di come l’Intelligenza Artificiale abbia un ruolo nel mercato del lavoro, al di là del discorso su quanti posti di lavoro si potrebbero perdere. LinkedIn ha i suoi algoritmi, che sono responsabili per esempio di mandarci una notifica se c’è un annuncio che potrebbe essere interessante. E in generale tutti i portali per la ricerca di lavoro si affidano a un qualche sistema automatico.

La proposta del colosso cinese tuttavia fa un passo ulteriore con la lettura e l’interpretazione del linguaggio naturale – un campo di studi specifico in questo ambito e una sfida particolarmente difficile da vincere. Per ora sembra tutto molto semplice, probabilmente mal funzionante, ma a tra qualche anno lo scenario potrebbe essere molto diverso.

Soprattutto in Cina, paese dove il monitoraggio dei cittadini si fa alla luce del sole, e dove si sta mettendo in piedi un sistema di “punteggio social” degno della serie Black Mirror. Ecco, allora l’algoritmo che legge il curriculum forse andrebbe visto come il tassello di un mosaico più grande e variegato. E forse dovremmo guardare alla Cina come a un territorio di sperimentazione per cambiamenti che investiranno il mondo intero.

Non passerà molto prima che il robot diventi capace di fare un’analisi completa della persona, che possa decidere chi è, cosa sa fare, cosa potrebbe fare e qual è il suo valore. E poi stabilire qual è la sua occupazione ideale. Macchine che ci dicono se il nostro destino è cuocere hamburger, scrivere pubblicità o fare dichiarazioni dei redditi – difficilmente ciò che sogniamo avrà una qualche rilevanza.

O anche no, perché dopotutto per quando questo sistema sarà effettivamente possibile, buona parte dei lavori che conosciamo oggi non esisteranno più. A noi il dovere di imparare sempre qualcosa di nuovo e utile, agli algoritmi forse il compito di consigliarci (assegnarci?) mestieri che ancora nemmeno immaginiamo.

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