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Sulla mia pelle, lettera a una giovane spettatrice per le sue lacrime di ragazza

Sulla mia pelle, lettera a una giovane spettatrice per le sue lacrime di ragazza
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Cara Greta,

sono giorni che penso alle tue lacrime. Lacrime di ragazza. Un pianto muto che hai sfogato fuori della sala dove stavano proiettando Sulla mia pelle. Eri stata brava a reggere fino ad allora.

Forse speravi che lungo le stazioni della via crucis di Stefano Cucchi prima o poi ci sarebbe stato qualcuno che lo avrebbe aiutato a reggere la croce, o a rialzarsi. E invece niente. Il copione di Alessio Cremonini non prevede nessun cireneo, nessuna Veronica che gli asciughi la fronte.

E allora non ce l’hai più fatta. Ti ho visto uscire e accucciarti. Piangevi quelle lacrime che a Stefano, ormai disidratato, non uscivano. Avevi la bocca spalancata ma non usciva la voce. Ti stringevi la pancia, tremavi di violente convulsioni, come “in preda all’orribile travaglio di far nascere l’avvenire”.

È una frase de I fuochi, di Marguerite Yourcenar. Non so perché ci pensai quella sera, al cinema, mentre la tua amica cercava di scuoterti e ti chiamava Greta.

Forse mi è venuto in mente perché in quel libro c’è una sezione dedicata ad Antigone. Antigone, capace di “misurare l’ampiezza della morte”, l’archetipo delle sorelle ribelli che non si arrendono alle ingiustizie. Come Ilaria. Ilaria Cucchi.

Anche lei era in sala. E se ti avesse visto, credo ti avrebbe dato quel sollievo che io non sapevo e non potevo darti. Hai soffocato dentro di te il dolore che provavi e sei uscita. Non credo perché non volessi più proseguire la visione. Credo per permettere a chi ti era seduto accanto di non distogliere l’attenzione dallo schermo. L’ingiustizia ha bisogno di essere osservata in tutta la sua interezza per essere compresa. Sei stata brava.

Io sono rientrato in sala. Dovevo presentare il dibattito che seguiva il film. Non so se sarei stato capace di dirti qualcosa di consolatorio. Quel tuo pianto andava fatto. Serviva e serve.

Serve a far capire che Ilaria non è sola. Che, come lei, Patrizia Moretti, Lucia Uva, Grazia Serra, Domenica Ferrulli, Giusi Businaro, Donata Bergamini non sono sole. Hanno qualcuno capace di soffrire con loro. Hanno qualcuno che, ancor giovane, insegnerà a chi verrà dopo di loro a riconoscere le ingiustizie, insegnerà a piangere per riconoscerle, a soffrire per combatterle. Insegnerà, come disse il Pasolini dei Dialoghi parlando degli adolescenti che crescono, ad amare, amare “con l’amore di Gramsci”.

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