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Lega-M5s, il sottosegretario Buffagni a processo per una querela del ministro Salvini: trattative per una conciliazione

La denuncia risale al giugno del 2016, quando l'allora consigliere regionale dei Cinquestelle, aveva paragonato il metodo di governo della Lombardia da parte del Carroccio a quello del “Pd, mafia capitale”, parlando di "sistema marcio". I due hanno anche già reso dichiarazioni in aula. Il tribunale si è aggiornato ad ottobre
Lega-M5s, il sottosegretario Buffagni a processo per una querela del ministro Salvini: trattative per una conciliazione
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È stata rinviata al 22 ottobre l’udienza del processo per diffamazione che vede di fronte l’attuale ministro dell’interno Matteo Salvini (il querelante) e il sottosegretario agli Affari Regionali Stefano Buffagni (il querelato). A motivare il rinvio, spiega l’Ansa, sono le trattative in corso per chiudere il processo con una conciliazione. Salvini, nel giugno del 2016, aveva denunciato Buffagni perché, quando era consigliere regionale del Movimento Cinque Stelle, su facebook e nel suo blog aveva paragonato il metodo di governo della Lombardia da parte del Carroccio a quello del “Pd, mafia capitale”.

I due protagonisti del processo erano già stati sentiti in aula nell’udienza del 22 gennaio, in piena campagna elettorale. Quel giorno Salvini, oltre a negare qualsiasi tipo di “raccomandazione“, aveva sottolineato che quelle frasi avevano causato alla Lega “un danno ingente in tema di immagine e in tema elettorale perché è stata una polemica ripresa dai social, dalle radio, dalle tv locali e nazionali e che si è protratta nel tempo“. Dal canto suo l’esponente grillino, il più autorevole in Lombardia, aveva dichiarato in aula che si era trattato di “una denuncia politica a cui sono seguiti approfondimenti ed esposti per i quali ci sono procedimenti in corso” anche se “abbiamo usato parole sgradevoli“.

Nel post incriminato, Buffagni aveva parlato tra le altre cose di “ragnatela leghista” fatta di “una fitta rete di contratti” e di un “sistema marcio che sta infettando le istituzioni” in quanto sarebbero stati piazzati degli “yes men” per “aprire porte e stendere tappeti rossi“. Ma adesso che i due sono soci di governo, sembrano intenzionati a porre fine al procedimento in modo più pacifico.

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