Solo lui poteva rivalutare la professione dello shampista. Lei, Meryl nel ruolo della baronessa Karen Blixen, la testa mollemente adagiata all’indietro, lui, cacciatore di leoni, poco avvezzo alle tenerezze, prendeva l’acqua da una tinozza e la versava dolcemente sulla testa, intorno a loro i colori forti di Out of Africa. Chi non ha sognato di essere Daisy, l’adorata ne Il grande Gatsby che non riconosce la profondità dell’amore, così assurdo e assoluto, da grande eroe romantico. Chi non ha palpitato con lui in Come eravamo con Barbra Streisand.

Una carriera meravigliosa durata 61 anni (RR, il figlio del lattaio, lavora da quando ne ha 21) adesso il ritiro dalle scene, già minacciato nel 2016. C’è chi ipotizza che l’annuncio di ritirarsi dalle scene in prossimità dell’uscita The old man & the gun, prevista negli Usa il 28 settembre, sia una piccola astuzia di marketing. Come se ne avesse bisogno.

La pensione per icone planetarie come RR corrisponde solo a uno spazio di vita che lui adesso vuole riservare per sé. E se Clint Estawood a 90 anni continua a dirigere pellicole, Woody Allen è un altro che non molla, RR ha detto basta. Niente più luci di riflettori. Ha deciso LUI di non voler “esserci” più. E che “stangata” (prendendo il termine in prestito dal film La stangata da sette premi Oscar che gli valse la prima nomination come attore protagonista) per quella Hollywood, per quel mondo di lustrini dal quale nessuno vuole sentirsi escluso.

In questo sta la forza del suo addio da un mondo che non gli dà più grandi motivazioni. In fondo cosa aspettarsi d’altro. La sua carriera gli ha dato il massimo, due Oscar, uno come miglior regista nel 1981 per Gente comune e l’altro alla carriera nel 2002, tanti film di successo. E poi è stato l’inventore del SunDance Festival, la più importante rassegna cinematografica del film d’autore, di cui continuerà a essere il deus ex machina.

Dunque, nessun viale del tramonto per RR. 82 anni il 18 agosto (età rottamabile per tanti, ma non per lui) è sempre stato l’antidivo. Adesso è un bel vecchio, occhi di un colore azzurro intenso, non sbiaditi dall’età. Non si è gonfiato, botulizzato, tirato (vedi certi attori come Val Kilmer che si sono trasformati in inguardabili maschere di silicone). Gli perdoniamo anche il vezzo di pittarsi i capelli in un biondo rossiccio, simil-Trump.

Accudito dalla seconda moglie, Sybille, artista tedesca poco più che sessantenne (niente moglie trofeo) che la mattina gli prepara sul letto i vestiti, due sedani e una carota per colazione. Lui è fatto così, pochi fronzoli, pochi vizi. Inseparabile da una valigetta di pelle lisa, zeppa di carte e copioni. E’ il suo office ambulante. E gli perdoniamo anche il calzino bianco corto che ha sfoggiato l’anno scorso alla mostra del cinema di Venezia. Presentava con Jane Fonda  Le nostre anime di notte, la storia di due anziani vicini di casa che scoprono la tenerezza e la complicità in un dialogo profondo.

E se Anna Wintour, 68 anni, l’insostituibile direttrice/zarina di Vogue America, viene confermata a tempo indefinito, è solo la conferma che “l’età conta solo se non vali niente”, come ha fatto notare l’esploratrice di tendenze Fabiana Giacomotti. La terza età (io preferisco chiamarla la terza giovinezza) può riservare ancora molte sorprese.

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