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M5s, così va il mondo: un terzo di merito, un terzo di buoni rapporti e un terzo di fortuna

M5s, così va il mondo: un terzo di merito, un terzo di buoni rapporti e un terzo di fortuna
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Mercoledì degli amici grillini mi chiedono se per caso conosco qualcuno dei cinque giuristi candidati dal Movimento al Consiglio superiore della Magistratura. Come al solito la mitica piattaforma Rousseau gli ha chiesto di scegliere online, su due piedi, i tre candidati graditi al M5s sui cinque che spettano alla maggioranza in base alla solita spartizione fra i partiti maggiori. Confesso di non conoscerne neppure uno e di non essere in grado di indicare nessuno. Mi guardo anche dall’indicare il professore genovese che ha il curriculum migliore e che arriverà primo nella votazione online, magari solo perché viene per primo in ordine alfabetico.

Il giorno dopo, uno degli amici mi scrive: “Ecco, ho votato un renziano!” e si rincorrono online le deprecazioni per una scelta al buio, su una lista formata chissà come e a sua volta dipendente da una previa spartizione fra i partiti, molto all’antica. “State diventando come gli altri!” Come se i grillini venissero dall’iperspazio. Gli rispondo che neppure Jean-Jacques Rousseau in persona, quando scriveva per épater les bourgeois, avrebbe mai pensato di scegliere i componenti del Csm sul web, manco fossero giurati a miss maglietta bagnata. Oltretutto, se si scegliesse davvero democraticamente e per merito e non per spartizione e candidatura, Movimento e Lega rischierebbero di restare a bocca asciutta.

Movimenti tecnicamente populisti, infatti, ossia ostili alle élites, hanno ben poche possibilità di attirare avvocati e professori universitari di prima scelta. È più facile che siano costretti, loro, a chiedere di candidarsi a tecnici esterni: com’è avvenuto per Giuseppe Conte nel 2013, quando il M5s s’è imbattuto in lui. Anche Conte, poi, è stato accusato di essere nel giro della Boschi; pure lui era un perfetto sconosciuto, prima di diventare Presidente del Consiglio. La differenza è che lui, nel 2013, ha detto di sì al proprio allievo Alfonso Bonafede, oggi ministro della Giustizia, quando un governo del Movimento era fantascienza. Ha avuto coraggio e s’è guadagnato il posto che occupa. Così va il mondo: un terzo di merito, un terzo di buoni rapporti e un terzo di culo.

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