Alcune regioni pensano di contenere la quota di case popolari assegnate agli stranieri attraverso i requisiti di residenza anagrafica e assenza di altre proprietà. Ma l’efficacia del primo è dubbia, mentre il secondo è complicato da verificare.

di Raffaele Lungarella (Fonte: lavoce.info)

Requisiti più rigidi

La Corte costituzionale ha censurato – con la sentenza n. 106 del 24 maggio 2018 e, prima, con quella 168 del 2014 – i tentativi di alcune regioni di inasprire, per i soli cittadini di stati extra Ue, le condizioni da superare per accedere alle case popolari. Ora, con una deliberazione del consiglio regionale dello scorso 6 giugno, l’Emilia-Romagna ha allungato l’elenco delle regioni che hanno reso più difficile soddisfare due requisiti necessari per concorrere ai bandi per l’assegnazione degli alloggi pubblici: la residenza anagrafica e l’assenza di altre proprietà. Poiché si applicano a tutti gli aspiranti inquilini degli alloggi, a prescindere dalla loro nazionalità, le scelte delle regioni non costituiscono una “forma dissimulata di discriminazione” nei confronti di nessuno. Di fatto, però, l’obiettivo delle norme è contenere la quota di abitazioni assegnata con ogni bando agli stranieri, cioè a cittadini di paesi esterni all’Unione europea. Si può tuttavia nutrire qualche dubbio sulla loro efficacia nel dare sostanza allo slogan “la casa popolare prima agli italiani”.

Come si può osservare dalla tabella 1, in alcune regioni è necessario avere maturato una certa anzianità di residenza per concorrere ai bandi per l’assegnazione degli alloggi popolari. Succede soprattutto dove si registra una presenza di stranieri relativamente più alta e dove, quindi, è anche più forte la concorrenza che essi fanno agli italiani nell’assegnazione degli alloggi pubblici. Nella scelta non si può neanche escludere, da un lato, l’influenza di orientamenti politici ritenuti conservatori, e, dall’altro, la speranza dei governi regionali considerati progressisti di recuperare il consenso dei propri elettorati effettuando le stesse scelte dei loro avversari politici.

Tabella 1 – Verifica del requisito della residenza per concorrere ai bandi di assegnazione degli alloggi

Ma l’efficacia dell’anzianità di residenza per spostare a favore degli italiani il baricentro della composizione delle liste di attesa degli assegnatari, prima, e delle assegnazioni delle case popolari, poi, è destinata inevitabilmente ad affievolirsi nel tempo.

Naturalmente, più breve è il periodo di anzianità richiesto tanto più rapidamente può essere soddisfatto anche dagli stranieri ed è tanto più facile raggiungerlo quanto più ampio è l’ambito territoriale in cui può essere maturato. Nella grandissima maggioranza delle regioni che lo richiedono, il periodo di maturazione del requisito è di cinque anni. Sono incerti però gli effetti anche di un periodo non breve. In Lombardia vive in una casa popolare il 4,7 per cento degli stranieri, ma la percentuale di quelli con un’anzianità di residenza sotto i quattro anni non supera lo 0,4 per cento. Inoltre, indipendentemente dal numero di mesi o di anni che devono trascorrere per raggiungere il requisito, la sua efficacia massima si produce solo nel periodo immediatamente successivo alla sua assunzione da parte della regione. In seguito, il flusso degli immigrati che potrà presentare la domanda per l’alloggio popolare si avvicinerà sempre più alla consistenza che aveva in precedenza, poiché con il trascorrere del tempo aumenterà l’anzianità di residenza di una quota crescente di stranieri.

Come si verifica la proprietà all’estero?

Chi è già proprietario di una casa adeguata alle esigenze della sua famiglia o di un diritto d’usufrutto, d’uso o di abitazione su di essa, non può concorrere all’assegnazione di un alloggio pubblico. Nella maggioranza delle regioni il requisito di non possedere un alloggio deve essere soddisfatto al massimo entro i confini italiani, come si può verificare nella tabella 2. Alcune regioni, però, hanno esteso all’estero questa verifica, con la speranza che ciò possa allentare la pressione degli stranieri sulle assegnazioni. Naturalmente, la motivazione addotta per l’allargamento dei confini è di principio: gli stranieri devono essere assoggettati agli stessi vincoli degli italiani. Ma l’efficacia della scelta dipende da due fattori.

Tabella 2 – Ambiti territoriali di verifica del requisito dell’assenza di proprietà immobiliari per concorrere ai bandi di assegnazione degli alloggi

In primo luogo, è probabile che molti dei paesi esterni all’Unione europea da cui arrivano gli stranieri non abbiano il catasto o un altro sistema di registrazione delle proprietà immobiliari. Anche mobilitando la nostra guardia di finanza (come prevede la Regione Emilia Romagna), diventa perciò impossibile accertare, con controlli a campione, se le loro dichiarazioni sul requisito siano vere o false. Senza il catasto difficilmente darà risultati anche la norma, introdotta dalla Regione Lombardia, che subordina la partecipazione dello straniero a un bando alla presentazione di un attestato, rilasciato dall’autorità del suo paese di origine, con l’elenco delle abitazioni possedute.

In secondo luogo, ammesso che si riesca ad accertare che uno straniero è proprietario di una casa nel suo paese, la sua adeguatezza deve essere valutata con lo standard di quel paese oppure con quello previsto dalla normativa regionale di volta in volta applicata? Se si ritiene che la seconda ipotesi sia la risposta più ragionevole, è molto probabile che aver esteso al paese d’origine dello straniero l’area di verifica sul requisito di non possedere altri alloggi non produca effetti apprezzabili.

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