Il 26 giugno, mentre i gironi di qualificazione del Mondiale per stabilire le sedici squadre ammesse agli ottavi di finale procedevano ormai verso l’epilogo – in campo dovevano scendere Danimarca, Francia, Islanda, Croazia, Nigeria, Argentina, Australia e Perù – il presidente Putin firmava alle 14:16 un decreto “conformemente alla clausola ‘k’ dell’articolo 83 della Costituzione della Federazione Russa” in cui nominava il maggior generale Alexander Anatolyevich Matovnikov, 52 anni, “rappresentante plenipotenziario del presidente nel distretto federale del Caucaso settentrionale”. L’incarico comincia proprio oggi, primo luglio.  In concomitanza con Russia-Spagna e con le manifestazioni di protesta in 39 città russe contro la riforma delle pensioni, che ha visto scendere in piazza migliaia di persone. . Qui faccio una disgressione.

Nel 1960, quando l’Urss vinse il campionato europeo, nei quarti di finale la Spagna del caudillo Franco si rifiutò di scendere in campo contro la nazionale sovietica: “I fascisti strisciano sempre di fronte ai loro padroni”, commentò Krusciov. L’Urss vinse la finale contro la Jugoslavia del maresciallo Tito. A difendere la porta falce e martello c’era lo straordinario Lev Yashin, il Ragno nero. Uno dei calciatori che più si misero in vista fu Igor Netto. Nella rosa dell’Urss figurava l’attaccante Viktor Vladimirovic Ponedel’nik, il cui cognome significa Lunedì. Ebbe una carriera breve, si ritirò nel 1966 perché non riusciva a mantenere il peso forma, dopo un’operazione di appendicite. È stato tutto, poi: allenatore, giornalista, direttore di una rivista sportiva, sino a diventare consigliere del presidente della Federazione Russa. Dall’FK Rostov al Cremlino.

Ed ecco una seconda digressione (stavolta lo scrivo senza “s”, entrambe le versioni sono ammesse).  Arriva comunque il pareggio russo su rigore, condito dal disappunto, in tribuna, di re Felice e dal sorriso di Putin, che avrebbe una voglia matta di esultare come tutti i russi. Alla faccia dei bookmakers, Golovin e compagni stanno tenendo testa alle Furie rosse. E noi stiamo sempre dalla parte dei Davide calcistici contro la spocchia dei Golia iberici.

Stamani sul sito della nazionale russa appare l’annuncio della partita. Un rettangolo, in cui sono incastonate a sinistra la bandierina della Spagna, a destra quella della Russia. Al centro, l’orario d’inizio: 17:00. I russi si sono chiesti perché avessero anticipato già l’esito.

Ma torniamo al maggior generale Matovnikov. La sua non è una nomina qualsiasi. Per usare una metafora calcistica, Putin in qualità di cittì della Russia, si è affidato ad un implacabile centromediano per vanificare ogni attacco avversario nell’area più turbolenta del Paese. Con lui, infatti, non si scherza. Ha fatto le due guerre cecene. Ha partecipato a molte operazioni antiterroristiche. Come a Buydonnovsk (1995). E come al teatro Dubrovka di Mosca, assaltato il 23 ottobre 2002 da un commando di una quarantina di terroristi ceceni armati di granate e di giubbotti esplosivi. Li guidava Movsar Barayev, c’erano anche parecchie “vedove nere” delle guerre caucasiche.

Irruppero durante il popolare musical Nord-Ost, tennero in ostaggio per tre giorni oltre 800 spettatori. La giornalista Anna Politkovskaja tentò di fare da mediatrice, ma l’irruzione delle forze speciali russe che usarono un gas paralizzante attraverso il sistema di ventilazione vanificò ogni sforzo di mediazione. Finì in una carneficina spaventosa, dove morirono 39 terroristi ma anche 130 ostaggi, fra cui dieci bambini. L’inchiesta civile condotta dal pm di Mosca nei tre anni e mezzo successivi alla strage, non è riuscita a chiarire né la natura dell’agente chimico utilizzato che ha ucciso gli ostaggi e nemmeno il numero e i nomi degli ufficiali che hanno preso la decisione del blitz. Una brutta storia. Secondo Novaya Gazeta, a guidare le operazioni fu l’allora vicecapo dei servizi segreti (Fsb), Vladimir Pronichev.

Matovnikov è un personaggio tanto misterioso quanto potente. Gran parte del suo curriculum vitae è classificato top secret. E’ un veterano della “A” (Alpha), il Centro delle Operazioni speciali che fa capo all’Fsb, ma gode di notevole autonomia. È considerato “molto vicino” a Putin che lo ha insignito nel dicembre del 2017 “Eroe della Russia”, per meriti conseguiti in Siria (pure Pronichev ebbe anni prima la stessa onorificenza). È stato comandante delle forze operative dello Stato Maggiore dell’esercito russo. Questa struttura ha il diritto di condurre operazioni militari segrete all’estero senza il permesso del Consiglio della Federazione russa. Ricordo che lo stesso Putin ha raccontato che l’assalto al teatro Dubrovka e, soprattutto la terribile vicenda della scuola di Beslan, presa dai terroristi e liberata dalle forze speciali (al costo però di 335 vittime, 186 delle quali bambini), sono stati i due momenti più difficili di tutti gli anni in cui è stato presidente.

Quasi un secolo fa, Herbert G.Wells scrisse “Russia in the shadows” (Russia nell’ombra): Massimo Gorkij, suo grande amico, lo ospitò e lo portò in giro ad esplorare la nuova Russia comunista, cominciando da San Pietroburgo, ormai irriconoscibile dopo gli anni di guerra e il blocco economico imposto dagli occidentali (la Storia si ripete) Gli riesce di intervistare Lenin, fu un incontro memorabile. Nel 1934, l’autore della Guerra dei Mondi e della Macchina del tempo tornò a Mosca e intervistò Stalin.

Cosa c’entra con il Mondiale? Tutto, quando si tratta di Russia, c’entra. Lo sapeva benissimo, Wells. Chissà cosa avrebbe scritto oggi, che la Russia putiniana celebra se stessa, mentre l’occidente replica le sanzioni, come negli anni Venti.

Un altro scrittore, il discusso Eduard Limonov, ieri ha commentato l’esito di Francia-Argentina (4-3), sostenendo che per lui “l’Argentina è più forte della Francia. Ma ormai dappertutto ben presto giocheranno soltanto calciatori neri tra di loro mentre i bianchi staranno lì ad asciugarsi il naso”. Un commento in puro stile salviniano. I russi oggi, come gli allibratori delle scommesse, dando per scontato l’esito della fatidica partita allo stadio Luznikhi di Mosca, sono più appassionati dei gossip che riguardano Ksenja Sobchak.

La starlette è incinta. La conferma della gravidanza dell’ex presentatrice del Grande Fratello russo, figlia di Anatolij, l’ex sindaco di San Pietroburgo (e padrino politico del futuro presidente Putin), nonché candidata alle ultime elezioni presidenziali proprio contro Putin, arriva dalla designer russa Mishanja Mishina, moglie del rapper Dino MC. Ksenja è sposata con l’attore russo Maksim Vitorgan. Attendiamo i quarti per scoprire quali pettegolezzi potranno ambire alla finalissima del 15 luglio.

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