di Carblogger

Uso Volvo come pietra dello scandalo. Lo so che il marchio svedese di proprietà di Geely non è al top mondiale né per vendite né per capitalizzazione di borsa, basta sbirciare qui tutte le classifiche (dove non arriva quasi mai nemmeno al terzo posto), aggiungendo qui la sua 34esima posizione di aprile. Però è Volvo a profanare quel che considero il Tempio dell’automobile: venerdì scorso ha annunciato che non parteciperà al prossimo Salone di Ginevra nel marzo del 2019.

Non è la prima volta che Volvo manca un Salone, ma Ginevra è la madre di tutti i saloni dell’auto e le parole di Bjorn Annwall, vice presidente del marchio svedese, sono una campana che suona come un allarme per molti: “Non diciamo mai più ai motor show, ma ci aspettiamo che eventi come Ginevra evolvano e che noi possiamo tornare in futuro”. Dichiarazione politica, porta aperta per non sbatterla, ma il Salone è ormai una forma di comunicazione vecchia, dice Volvo. Da superare.

E’ vero che defezioni dei marchi sono ormai all’ordine del giorno dappertutto – a Parigi in ottobre mancherà perfino Volkswagen – ma se scivola Ginevra, il Salone come l’abbiamo conosciuto è alla fine. Una conferma sono alcune alternative in crescita, sulle quali forse non metterei la mano sul fuoco ma sono un fatto.

C’è Torino, il Parco Valentino finito domenica, dove sono rimasto impressionato per la gente presente. Idea di Salone open air, gratuito e aperto fino a mezzanotte, diffusa copertura mediatica, stand tutti uguali a costi contenuti (nell’ordine dei 30.000 euro) e costo contatto per l’investitore super conveniente.

Magari un evento giornalisticamente periferico, anche se quest’anno nell’adiacente Moncalieri all’Italdesign si è svolto il congresso annuale di Automotive News Europe con la presenza del top management dell’industria internazionale da cui si è esclusa curiosamente Fiat Chrysler, pure giocando in casa. Mentre è stata una bella occasione l’ospitalità al Valentino del Car Design Award della rivista Auto&Design. Il fatto? L’evento piace sempre di più alle persone, dunque funziona.

C’è Las Vegas, il Ces che da fiera del tech in gennaio è diventata anche fiera dell’auto di domani. Parola d’ordine futuro, non sempre con riscontri, ma nel Tempio del gioco e della fortuna tutto ha un senso. Al punto che il Ces ha oscurato il Salone di Detroit (dove Audi, Bmw e Mercedes non andranno nel 2019), prossimamente anticipato addirittura in ottobre.

C’è Milano Design Week, settimana della moda che attrae soprattutto pubblico giovane armato di strumenti social con i quali moltiplicare all’infinito qualsiasi comunicazione del brand auto. Certo ai danni della mediazione giornalistica, ma il problema è nostro. E tutto senza grossi investimenti per gli investitori.

Salone addio? Grazie Volvo, discussione aperta.

@carblogger_it

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