Se davvero Luigi Di Maio lavora per la Casaleggio, allora la Casaleggio lavora sicuramente per Matteo Salvini.

Mi sembra che la gara a far apparire Salvini come uno statista ci stia un po’ scappando di mano. C’è un bel pezzo di politica che ha costruito tutte le condizioni per consegnare ad un unica persona, la peggiore, la rappresentanza della voglia di cambiamento che c’è in Italia.

Ci sono sentimenti condivisi nel Paese, e non solo tra gli elettori di M5s e Lega, che per troppo tempo sono stati ignorati. Il fastidio per le imposizioni dell’Europa, per questa gestione dell’immigrazione, la voglia di riscatto sociale, le inquietudini di nuove generazioni di semi-poveri. Forza Italia e Pd avevano già abdicato a rappresentare questo pezzo, ormai maggioritario, d’Italia, e lo si è visto alle ultime elezioni. Forza Italia ci ha provato in realtà solo prima del 2008, quando i cieli azzurri erano ancora possibili, o almeno ancora potevano essere creduti tali. Il Pd ci ha rinunciato dal 4 dicembre 2016: sconfitto al referendum Renzi, non è più riuscito ad accendere quella speranza di cambiamento che pure aveva costituito la spinta elettorale della vittoria alle elezioni europee.

Fino a qualche settimana fa, e un po’ anche fino a ieri, a dar rappresentanza a questi sentimenti erano rimasti M5s e Lega, con i secondi che ne declinavano una versione profondamente di destra e gli altri che preferivano invece darne una rappresentazione volutamente confusa, tanto da recuperare molti voti di sinistra.

Questi giorni, trascorsi nel (finto) tentativo di formare un governo, hanno sbilanciato l’equilibrio a favore di Salvini, il quale si ritrova in 80 giorni, potenzialmente, ad aver quasi raddoppiato il proprio consenso elettorale. Se molto si è parlato degli errori di Renzi e del Pd (e anche io l’ho fatto in quasi tutti i miei precedenti post), troppo poco si è detto della strategia suicida del M5s.

Non si capisce perché non sia stato Di Maio a far saltare la poltrona di Paolo Savona. Lasciamo stare il dibattito sul maggiore o minore euro-scetticismo del ministro dell’economia in pectore (fuffa!), è evidente che quello di Savona fosse solo un pretesto. Per la Lega per tenersi aperta la possibilità, fino all’ultimo, di far saltare il banco. Per il Colle, per marcare l’unica simbolica resistenza a una lista di ministri, per il resto intatta, fornita dai leader di partito (e non redatta nel confronto con questi) a un presidente del Consiglio incaricato che ha dimostrato di essere più il notaio di Salvini e Di Maio che l’avvocato degli italiani.

Il leader del M5s aveva la possibilità, in un colpo solo, di far saltare un ministro scomodo (anche per lui, soprattutto se consideriamo quanto sia più frequente e fruttuoso il rapporto con Giorgetti), riprendere le redini della maggioranza del futuro governo (facendo valere il rapporto attuale: 32-17), acquisire autorevolezza internazionale e fiducia istituzionale. Diventare quello che gli americani definiscono un leader “presidenziale”, intendendo una figura che, al di là del consenso, abbia il profilo adatto al ruolo che ha l’ambizione di ricoprire.

Invece ha fatto la figura del pollo, di quello che si è fatto usare, che non ci ha capito nulla. L’avete visto anche voi il suo intervento su Facebook? Tutto sudato e con la salivazione fuori controllo ad invocare un art. 90 della Costituzione del tutto a sproposito, come una Meloni qualsiasi (che però può permetterselo, non dovendo fare la leader di governo). Senza nemmeno tentare di imporre nel dibattito uno scenario alternativo che non siano quelle stesse elezioni (peraltro fatalmente senza di lui, con Di Battista candidato) che sposterebbero l’equilibrio attuale drammaticamente in favore della Lega.

Notate anche voi invece il contrasto con la posizione più equilibrata di Salvini? Maggior controllo, maggior sicurezza, come se avesse tutto sotto controllo. Molto, molto più “presidenziale”.
Sapete cos’altro mi sembra? Che sarà inevitabile, anche per molti che non avrebbero mai votato Lega, pensare a Salvini, il peggiore di tutti, come a l’unico in grado di fare politica.

Davvero una bella operazione, bravi tutti. E bravo soprattutto Gigino.

@lorerocchi

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