Perché no? Dico, perché no Paolo Gentiloni come punta di diamante del Partito democratico alle prossime politiche, in caso di elezioni anticipate? Del resto, potrebbe rappresentare quell’uomo mite, competente ed equilibrato che servirebbe per contrapporsi al caos degli ultimi mesi, a leader molto chiaccheroni. La concretezza al posto degli annunci insomma.

In fondo l’attuale premier è l’unico esponente del centrosinistra che gode, almeno a quanto si legge dai sondaggi, di un saldo consenso personale, in controtendenza con le rilevazioni sulla fiducia nei partiti e negli altri leader di governo.

Mi chiedo se forse non sia troppo tardi. Penso, come ho sentito recentemente dichiarare da Marco Sarracino (uno dei tanti giovani, bravi ma mai troppo ascoltati, dirigenti del Pd) che se Gentiloni fosse stato il leader del centrosinistra alle ultime elezione il Pd avrebbe ottenuto un altro risultato.

Temo che oggi potrebbe essere diverso. Un po’ come quando in una serata fiacca il dj fa partire quel pezzo anni 90 che mette tanta nostalgia, tanta tenerezza, ma poi la festa ricomincia più triste di prima. Certo, lo sarebbe se fosse solo il parto della strategia Renzi-Boschi, come purtroppo sembra essere dalle ultime dichiarazioni. Insomma, la sensazione – se mi metto nei panni di un semplice elettore – è questa: cambiano i volti, Martina, Gentiloni, Minniti, ma poi la linea è sempre la stessa.

Non credo di essere il solo, nel Pd, che si è accorto che la sinistra abbia bisogno di ritrovare identità e leadership riconoscibile, e penso che difficilmente sarà possibile se continuiamo a vivere aspettando la prossima dichiarazione di Renzi per capire la linea.

Qualche giorno fa scrissi che l’occasione poteva essere la direzione nazionale, luogo in cui definire un programma chiaro e riconoscibile (a differenza di quello con cui ci siamo presentati in campagna elettorale) da offrire come, allo stesso tempo, manifesto del Pd e proposta seria di governo per possibili alleanze. Occasione persa, ovviamente.

Le vie del Signore però sono infinite e sulla nostra strada si presenta una nuova occasione, quella di occupare il tempo che ci separa dalla formazione del fantomatico “governo di tregua” (che poi significa governo tecnico), oppure dalle elezioni (che poi sono una perdita di tempo, dato che ridarebbero, più o meno, lo stesso risultato), per ricostruire il centrosinistra.

Beh, è un modo più costruttivo per passare il tempo, anziché star fermi ad aspettare la prossima dichiarazione di Renzi, no?

Ed ecco che mi torna in mente Gentiloni. E se Gentiloni, invece che il delfino designato, fosse uno dei candidati a delle primarie aperte, di tutto il centrosinistra?

Qui devo necessariamente aprire una parentesi, per spiegare cosa intendo per centrosinistra: Non la somma di Pd, Radicali e LeU, che per me non è che un derby tra Pd-A e Pd-B (ho un attacco di noia solo a pensarci). Mi riferisco a un Partito democratico rigenerato che si confronta con quelle forze laburiste e ambientaliste che animano la politica in tutta Europa e che in Italia non ci sono, soffocate da una dirigenza della sinistra che negli anni ha preferito dividere il campo invece anziché allargarlo.

Questo è, per me, il centrosinistra del futuro, e delle primarie vere e aperte potrebbero essere l’occasione per rifondarlo a partire dai alcuni semplici temi: lavoro, tutele, salari, diritti e ambiente.

@lorerocchi

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