La storia ha fatto il giro del web e non solo. La storia è quella di un’insegnante di un istituto superiore di Alessandria “bullizzata” dai suoi studenti. Agli inizi di febbraio la professoressa, supplente, sarebbe stata prima ridicolizzata e poi addirittura immobilizzata con lo scotch alla sedia, quindi presa a calci. Ma considerato che la bravata era di quelle delle quali vantarsi, l’accaduto sarebbe stato ripreso dai cellulari di alcuni alunni e quindi pubblicato su Instagram e poi sulle chat di Whatsapp. La notizia così è stata riportata su quotidiani nazionali e locali e ripresa anche dalle radiotelevisioni. Ma nella realtà non sarebbe andato propriamente così.

“E’ successo l’8 febbraio scorso, quando una supplente, disabile, si trovava a fare lezione in una classe, prima sempre considerata una buona classe. Quel giorno era da sola, anche se normalmente – considerate anche le sue condizioni – era affiancata, per mia decisione, da un’altra insegnante”, ha spiegato a tecnicadellascuola.it il preside, aggiungendo che la professoressa “Particolarmente timida e un po’ impacciata, ha chiesto ad alcuni ragazzi di scrivere alcune frasi alla lavagna. Ne hanno un po’ approfittato. C’è stata qualche risata di troppo e qualcuno le ha messo dello scotch nella borsetta. Nessun l’ha legata e, tanto meno, presa a calci. Qualcuno poi ha ripreso con il cellulare mettendo in rete le immagini, le stesse poi tolte dai social”.

Insomma, la disabilità della professoressa, quasi il pretesto per infierire su di Lei. Anche i genitori sono intervenuti. Per minimizzare, ovviamente. “È vero che hanno mancato di rispetto ad una insegnante che peraltro ha delle difficoltà fisiche, deridendola e non dando ascolto alle sue richieste, è vero che è intervenuto un ragazzo più grande a riportare ordine, ma è assolutamente falso ed infamante che l’insegnante sia stata legata su una sedia, che sia stata presa a calci e pugni la sedia stessa. Come è assolutamente falso che filmati dell’accaduto siano stati postati sui social”, scrivono in un comunicato che dicono “condiviso” con la scuola. Ma “Vittima questa volta sono i ragazzi, si sono visti descrivere come delinquenti, sono stati demonizzati ingiustamente”, affermano. A parte l’incongruenza, a proposito della divulgazione dei filmati dell’accaduto, tra quanto sostiene il preside e quel che scrivono i genitori dei “ragazzi… demonizzati ingiustamente”, rimane la scena. Grave, anzi gravissima. Anche se il Consiglio di classe ha adottato per l’intera classe la punizione di un mese di sospensione con l’obbligo della presenza. Anche se i ragazzi a turni di tre hanno il dovere di svuotare i cestini delle altre classi. Anche se i genitori si sono “schierati al fianco degli insegnanti con lo scopo di far comprendere ai ragazzi i reali valori del vivere comune ed il rispetto fondamentale degli altri”.

La vicenda è seria, nonostante i provvedimenti della Scuola e il biasimo intermittente dei genitori. Forse lo è ancora di più in ragione proprio della reazione dei genitori. Del loro tentativo di ricondurre la questione ad una bravata inconsapevole. In questa occasione prendersela con loro sarebbe semplicistico. Addossare qualche responsabilità all’Istituto, che non ha saputo proteggere l’insegnante, quasi naturale. Provare a trovare qualche plausibile giustificazione alla vicenda chiamando in causa la società contemporanea, ormai priva di punti di riferimento, di figure autorevoli, un esercizio sterile.

E’ vero la Scuola assomiglia sempre più pericolosamente a quella descritta da Daniele Luchetti nell’omonimo film del 1995. Disagi e frustrazioni di molti insegnanti contribuiscono al loro ridimensionamento. Malesseri e fragilità dei ragazzi concorrono alla loro inadeguatezza. Problemi irrisolti e incapacità di prendere posizione trasformano i genitori da ausilio alla crescita dei figli in ostacolo. Ma in questo concorso di colpa ad emergere, anche in questa occasione, sono ancora una volta i genitori. Hanno bullizzato un’insegnante, ma “non sono deliquenti”, dicono. La vittima non è l’insegnante ridicolizzata, ma quei poveri “ragazzi demonizzati ingiustamente”. D’altra parte, bisogna pur giustificare. I ragazzi hanno scherzato. Non pensavano di far nulla di male. La professoressa poi, “ha compreso”, per questo non ha sporto denuncia. I genitori sono sicuri, e da quel che scrivono anche un po’ indignati per la reazione che si è scatenata contro i loro ragazzi. Non sono i soli. Anche un nutrito gruppo di genitori di occupanti di alcuni licei romani, alcuni mesi fa, hanno protestato per le accuse di danni agli immobili rivolte ai loro figli. Senza contare i genitori che si sono fatti giustizia da soli, aggredendo fisicamente dei professori.

Pensare che in molti istituti scolastici ogni anno si organizzano corsi rivolti agli studenti per proteggerli dal fenomeno del bullismo, tramuta questi accadimenti in autentici paradossi. Già, perché sempre più frequentemente a subire violenze sono i professori. Il fatto che i genitori troppo spesso giustifichino, almeno in parte, azioni evidentemente da condannare, non sembra in alcun modo sensato. In questo corto circuito di ruoli ogni azione della scuola viene scriteriatamente vanificata. Come accade non di rado causa ed effetto si mescolano ed il risultato non è dei migliori. Come dimostra quel che è accaduto ad Alessandria.

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