Come salvare la donna manager dai falsi stereotipi? Dallo stato d’assedio dei luoghi comuni: moglie, madre o donna rampante e spigolosa? Se fai una cosa non puoi fare l’altra.

Ecco le 10 mosse per fare carriera senza trasformarsi in un maschiaccio. Le suggerisce Chiara Cecutti, esperta Executive e Life Coach, che va dritta al risultato. “La donna manager tende a fare bene l’uomo. Ma ha sviluppato la parte maschile a discapito di quella più femminile. Bisogna, allora, modificare le asticelle”, spiega Chiara nel suo saggio Quando il manager è donna, edito da Hoepli, uno spaccato di vita vissuta aziendale.

Donne ancora  attanagliate da una serie di pregiudizi limitanti nonostante l’evoluzione e l’emancipazione delle cosiddette quote rosa (dalle stesse considerate peraltro necessarie ma offensive) e che in molte occasioni, per riuscire nella vostra impresa, emulate i colleghi uomini snaturando vostra personalità, questo decalogo fa per voi:

1) Superare la falsa credenza che carriera e famiglia con figli non siano compatibili tra loro.
2) Essere consapevoli che gli eventuali sensi di colpa generati dal non essere sempre presenti a tutte le attività dei figli derivano dai giudizi altrui, attuali o introiettati attraverso l’educazione ricevuta.
3) Sapere che le donne in carriera senza figli non hanno necessariamente sacrificato il senso materno, ma hanno semplicemente compiuto una scelta.
4) Coltivare la propria vita personale, a prescindere dalla maternità, molto importante in una logica di work-life balance.
5) Riconoscere la propria forza ed esprimerla attraverso la morbidezza.
6) Puntare con determinazione a obiettivi elevati agendo con sensibilità relazionale: una leadership efficace implica l’offrire supporto, attenzione, motivazione.
7) Lasciar andare l’idea che per essere all’altezza del manager uomo si debba sapere sempre tutto: la preparazione va di pari passo con la capacità di pensiero strategico in termini di business.
8) Sviluppare la propria intelligenza emotiva: il quoziente emotivo riferisce a diverse aree di competenza e può essere sviluppato e potenziato anche attraverso il proprio approccio mentale.
9) Rendersi visibili lavorando sul potenziamento del proprio carisma anziché sulla seduzione.
10) Concorrere al proprio successo ricordando che colleghi e collaboratori sono persone adulte da trattare con rispetto e non come bambini da accudire o da punire.

Chiara, un gran bella donna che non ha rinunciato alla propria femminilità, né ai tacchi a spillo, snocciola anche i risultati di una recente ricerca intitolata Women at the Top di Boston Consulting Group. Nel nostro Paese solo il 22% dei manager è donna, mentre la media europea è del 29%. Ma non è tutta colpa del maschio “castrante”.

In parallelo (alla faccia di chi vorrebbe scrittori e saggisti al capezzale di un’editoria agonizzante) Chiara ha appena pubblicato con Red anche il to kwow how PNL: Programmazione Neuro-Linguistica. Un corso pratico per sviluppare le nostre potenzialità e raggiungere ciò che desideriamo che può essere legato in qualche modo a ciò di cui ha parlato nel primo.

E nasce  dal suo impegno nel supportare gli altri a potenziarsi e a valorizzarsi puntando a obiettivi concreti e misurabili. In quanto tutto ciò è la chiave del successo per chiunque. “L’obiettivo di questo mio secondo libro non è tanto quello di insegnare la teoria degli strumenti della Programmazione Neuro-Linguistica quanto di apprenderla concretamente, sperimentandola e applicandola nella propria quotidianità per realizzare ciò che desideriamo. In estrema sintesi la Pnl studia gli schemi creati dall’integrazione tra cervello, linguaggio e corpo, ma è soprattutto uno strumento pratico alla portata di tutti che aiuta a comprendere il perché applichiamo determinati schemi e quindi a rafforzare quelli che ci portano al successo a scapito di altri che non ci fanno arrivare da nessuna parte”, conclude Chiara. Crescita personale e valorizzazione di potenzialità latenti, vivere meglio con noi stessi. In pratica aiutarsi a essere felici. Insomma, da tenerlo sul comodino sempre. Perché se il piano A non dovesse funzionare, teniamo presente che l’alfabeto ha altre 25 lettere.

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