I fondi immobiliari chiusi non portano fortuna a Poste Italiane. Da un lato il gruppo pubblico guidato da Matteo Del Fante deve fare i conti con la scadenza di Europa Immobiliare 1, dall’altro è costretto a confrontarsi con gli obblighi di informazione ai clienti, che quasi mai sono esperti in materia finanziaria. Quest’ultimo aspetto è emerso in un recente caso relativo a due anziani coniugi di Modica che hanno chiesto e ottenuto dal tribunale la restituzione di 100mila euro (più gli interessi) investiti nel 2004 nel fondo Europa Immobiliare 1. Per il giudice del tribunale di Ragusa, Rosanna Scollo, il modulo prestampato di autorizzazione all’investimento “rischioso” firmato dai due risparmiatori non è infatti sufficiente a dimostrate la “dovuta diligenza” dell’intermediario rispetto agli obblighi informativi. Soprattutto quando l’investitore non è “qualificato”, e cioè non è in grado di valutare effettivamente il rischio di un prodotto finanziario complesso come i fondi immobiliari chiusi.

Al giudice, insomma, non è bastato che i due coniugi avessero firmato un modulo in cui era indicato che “pur essendo informato che l’ordine impartitivo si riferisce a titolo a rischio, si autorizza comunque ad eseguirlo”. Poste avrebbe dovuto fare di più per informare i clienti che peraltro avevano una bassa scolarizzazione: solo uno dei due aveva infatti raggiunto la licenza elementare. Nella sentenza numero 8 del 15 gennaio 2018, il magistrato precisa infatti che quanto indicato nel modulo prestampato “è da ritenere, pertanto, del tutto inidoneo ad assolvere agli obblighi informativi prescritti a carico dell’intermediario finanziario” perché mancano “le ragioni per cui non è opportuno procedere all’esecuzione, secondo quanto previsto dall’articolo 29 Regolamento Consob n. 11522/98”. Il monito sull’inadeguatezza dell’operazione “non può essere dato dall’intermediario mediante una generica frase prestampata, ma comunicato mediante una condotta intesa a rappresentare in modo puntuale e compiuto le caratteristiche dell’operazione, con peculiare riguardo ai rischi”, si legge nella sentenza che evidenzia come il prestampato avrebbe almeno dovuto essere accompagnato “da una, sia pure sintetica, indicazione dei titoli, in relazione al profilo dell’investitore”.

Per il magistrato, insomma, Poste non ha sufficientemente allertato i due anziani coniugi sulla rischiosità del prodotto. Di conseguenza, gli ordini di acquisto delle quote risultano nulli e il gruppo deve restituire l’intera cifra (più oneri di rivalutazione e interessi) ai due pensionati, assistiti nella causa dall’avvocato Francesco Toto. Per Poste la sentenza del tribunale di Ragusa è una vera e propria spina nel fianco soprattutto nel momento in cui la società si prepara ad affrontare la chiusura del fondo Europa Immobiliare 1, gestito dalla Vegagest. Il prodotto, collocato da Poste nel 2004 in piccoli tagli (2500 euro a quota), è scaduto a dicembre 2017. Ma per conoscerne la performance, gli investitori dovranno attendere marzo quando sarà pronto il bilancio definitivo che includerà anche la cessione di due immobili (le caserme di Tivoli e di sala Consilina, per 2,85 milioni di euro alla società Gianicolo Real Estate Prima srl) avvenuta a fine dicembre. Tuttavia, sin d’ora, è possibile una prima stima: considerati i rimborsi di capitale e la distribuzione dei proventi, Europa Immobiliare 1 potrebbe archiviare la sua avventura nel mattone con una perdita superiore al 20 per cento. In pratica su 2500 euro investiti, ne torneranno indietro circa duemila.

Se così fosse, i piccoli risparmiatori scenderebbero immediatamente sul piede di guerra come è accaduto nel caso Invest Real Security che, venduto come un prodotto sicuro con un rendimento atteso attorno al 7%, ha poi invece chiuso con un tracollo del 60 per cento. In quel caso, Poste era corsa ai ripari risarcendo i risparmiatori sia pure con modalità diverse a seconda dell’età. Non è chiaro al momento se accadrà lo stesso anche per Europa Immobiliare 1. Interpellata in merito dal fattoquotidiano.it, Poste Italiane ha fatto sapere che “con l’obiettivo di consolidare il rapporto con la propria clientela dopo l’approvazione del rendiconto finale di liquidazione del fondo da parte della sgr, il gruppo valuterà di porre in essere un’iniziativa a tutela dei propri clienti che abbiano sottoscritto quote del fondo nel 2004 e che ne abbiano mantenuto continuativamente il possesso presso Poste fino al 31 dicembre 2017”.

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