I diplomati magistrali, i 50mila maestri e maestre che insegnano nella scuola italiana con il vecchio titolo preso entro il 2001, non saranno assunti: il Consiglio di Stato ha stabilito che non hanno diritto ad entrare nelle Graduatorie ad Esaurimento. E chi lo aveva già fatto ora probabilmente sarà espulso.

Si chiude così uno dei più grandi contenziosi della scuola italiana degli ultimi decenni: la sentenza della plenaria del Consiglio di Stato era attesissima, perché doveva decidere sul ricorso di quasi 50mila insegnanti della scuola primaria. Parliamo dei diplomati magistrali entro l’anno 2001/2002: prima di quella data, infatti, il titolo del diploma magistrale era sufficiente per insegnare alle elementari (dove ormai invece è obbligatoria la laurea). Nel 2014 una storica sentenza degli stessi giudici aveva dato ragione a tutti questi docenti: dal momento che il titolo all’epoca consentiva l’accesso all’insegnamento, doveva essere considerato abilitante anche oggi. Così decine di migliaia di maestre avevano potuto accedere alla seconda fascia delle graduatorie d’istituto, le liste che assegnano ogni anno le supplenze. Un trionfo. Ma l’obiettivo grosso era quello di entrare nelle cosiddette Gae, le graduatorie che danno diritto all’assunzione.

Dopo altri tre anni di battaglia in tribunale, il responso è stato negativo. Due, fondamentalmente, le motivazioni fornite dall’organo presieduto da Alessandro Pajno: i ricorsi sono stati troppo tardivi, avrebbero dovuto essere presentati nel 2007, subito dopo l’esclusione dalle GaE (quando però non si sapeva neanche che il diploma magistrale sarebbe stato considerato abilitante); soprattutto, quel titolo in passato è stato buono per l’abilitazione all’insegnamento, ma mai per l’accesso alle graduatorie e all’assunzione. Dunque niente posto fisso.

Per tutti i diplomati magistrali è una delusione cocente: parliamo di 50mila maestre (forse meno: alcune potrebbero essersi abilitate nel frattempo con le recenti sanatorie) che speravano di essere stabilizzate dopo anni di precariato, e invece dovranno a rassegnarsi a fare supplenze fino alla pensione, o rimettersi sui banchi a studiare per tentare i concorsi. Ma c’è di più: chi intanto era entrato nelle graduatorie con riserva, grazie ai provvedimenti cautelari dei tribunali, con tutta probabilità sarà espulso. Ed il rischio è che persino quelli che erano già stati assunti debbano andarsene. “Rischiamo il più grande licenziamento di massa della scuola italiana”, denuncia l’avvocato Santi Delia, che ha curato alcuni dei ricorsi. Più difficile, invece, dovrebbe essere toccare le posizioni acquisite di circa 2mila docenti con lo stesso identico titolo, ma in possesso di sentenze favorevoli passate in giudicato. L’ennesimo paradosso di questa vicenda. “Proseguiremo la nostra battaglia anche in Europa, se necessario”, commenta Marcello Pacifico del sindacato Anief.  Ma i diplomati magistrali, che nel 2014 avevano vinto una grande battaglia, adesso sembrano aver perso la guerra.

Twitter: @lVendemiale

Articolo Precedente

Perché istruire un uomo quando puoi assumere un robot? La risposta è nella scuola

next
Articolo Successivo

Ogni ricercatore in fuga spegne il futuro del nostro Paese. Così muore l’Italia

next