Falli e natiche, belle scultoree, da accarezzare. E in una foto iconografica (che coglie l’attimo) Piero Fornasetti “insinua” un dito proprio lì. Pittore, scultore, decoratore d’interni, stampatore di libri d’arte, designer ante litteram. Ancora, creatore di oltre undicimila oggetti, fra cui scenografie e costumi. Praticamente un genio, apparteneva a quel genere che non voleva piacere a tutti. “Anzi – alzando il sopraciglio ribadiva – non dobbiamo piacere a tutti”. Fu espulso dalla Accademia delle Belle arti di Brera per insubordinazione. E per tutta la vita si mantenne alla larga da certi cenacoli di cultura. Anticonformista, in un’epoca in cui era peccato mortale esserlo. Portatore di uno stile ad oggi inimitabile e inarrivabile.

Applausi a Michela Moro, blogger e critica d’arte, che è riuscita a sottrarre all’impacchettamento forzato/consumistico il parterre meneghino e trasferirlo al Palazzo del Cinema Anteo per la visione del suo documentario: “Fornasetti: Tema e variazione”. Nome suggeritole da Barnaba, che dopo gli anni della ribellione (padre ingombrante e impegnativo fu il Piero) e della lontananza fece ritorno da figliol prodigo. Si chiamava così la prima boutique/atelier a Londra. Barnaba con piglio d’intelletto/chic/imprenditoriale gestisce oggi la copiosa eredità, fatta di pitture pompeiane, affreschi rinascimentali con tocco metafisico.

Cosa hanno in comune Paolo Nespoli e Paolo Scudieri?
Uno è appena sceso dalle stelle e l’altro sta portando il made in Campania alle stelle (e visto che sono normanna borbonica non so se mi spiego…). Entrambi hanno il senso dell’impresa. Entrambi esploratori, grazie a loro la crisi ha preso un’altra piega. Ci sono meno soldi da investire nel settore spaziale, il cosmo/Nespoli, intanto, ha già battuto un record, anche anagrafico, a 60 anni, in età da pre-0rottamazione, lui se ne va a fare quattro salti intorno alla terra. E’ rimasto lassù per cinque mesi. E mentre faceva galleggiare in navicella una foglia d’insalata e dialogava con Papa Francesco, Scudieri si preparava alla battaglia anti-eataly a colpi di bufale (mozzarelline intendo), di arancini avvolti da filetto d’acciuga e sfogliatelle fumanti con lacrime di cioccolata.

Nelle stesse ore in cui Nespoli approdava in Kazakistan, la “Terra del Buono” e del “bendidio” sbarcava a Brera su 800 metri quadrati di design e pavimenti optical blu marino. Per il taglio del nastro di “Eccellenze Campane”, con tanto di benedizione si è scomodato anche il cardinale Crescenzio Sepe. Due file, una per baciare l’anello cardinalizio di sua Eminenza e l’altra per gustare la pizza all’acqua di mare. In fondo i confini fra sacro e profano sono sempre labili. Ma cos’è che ha spinto Scudieri, già a capo di un gruppo tosto e solido come quello di Adler, specializzato nel settore componentistica auto, 1,4 miliardi di fatturato, presente in 30 paesi, alla sfida agroalimentare? Giro la domanda a Riccardo Monti, faccia buona e perbene, ex presidente ICE, che siede oggi nel consiglio d’amministrazione Adler: “Dopo lo scandalo della Terra dei Fuochi, ci voleva un messaggio forte, di comunicazione a 360 gradi. Occorreva salvare posti di lavoro e reinvestire sul prodotto local. E’ nata così Eccellenze Campane”. Un bravo manager si costruisce dall’interno della famiglia, è quello che ha fatto papà Paolo con il figlio Achille, 28 anni, occhio blu, cravatta Marinella e uso di mondo. Ha aperto una filiale di Eccellenze Campane anche a Londra. A loro la Brexit gli fa un baffo.

E proprio mentre il buon Farinetti minaccia l’apertura di un Eataly al Sud, voci rincuoranti ci informano: non prima di qualche anno.
Caro Farinetti, a Napoli abbiamo già le nostre eccellenze non abbiamo bisogno di qualcuno che ce le scopiazzi.
Con simpatia verace,

twitter@januariapiromal

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