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Sanità Lazio, finisce il commissariamento decennale. Ma l’azzeramento del deficit è costato caro ai cittadini

Roberto Giordano, responsabile sanità e welfare della Cgil Lazio: “C’è stato certamente uno sforzo sotto il profilo finanziario. Questo non ha però portato anche un miglioramento della qualità e della quantità dei servizi sanitari erogati”
Sanità Lazio, finisce il commissariamento decennale. Ma l’azzeramento del deficit è costato caro ai cittadini
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Finisce l’era del commissariamento della sanità per la Regione Lazio. Lo ha deciso il consiglio dei ministri mettendo fine ad un’operazione straordinaria di risanamento iniziata quasi dieci anni fa. Ma non è tutto oro quel che luccica perché i pazienti hanno pagato a caro prezzo l’azzeramento del deficit. Senza contare che sulla Regione guidata da Nicola Zingaretti pesa ancora come un macigno un debito da dieci miliardi su un totale di 25 miliardi relativo all’intera sanità nazionale.

“C’è stato certamente uno sforzo sotto il profilo finanziario. Questo non ha però portato anche un miglioramento della qualità e della quantità dei servizi sanitari erogati”, spiega a ilfattoquotidiano.it Roberto Giordano, sindacalista della Cgil responsabile per il Lazio dei settori sanità e welfare. “E’ stato abbassato il rapporto fra popolazione e posti letto, pur restando nei limiti previsti dalla legge – prosegue il sindacalista – Sono state chiuse delle strutture, ma la sanità territoriale è rimasta al palo. Basti pesare alle Case della Salute“, cioè quel sistema di assistenza medico e infermieristico preventivo che evita di intasare poi pronto soccorso e ospedali: “Sono state affisse le targhette, ma in realtà le Case della Salute non funzionano”, evidenzia Giordano aggiungendo di “non aver mai avuto il piacere di vedere un progetto per la sanità” della Regione.

Non si tratta di una questione di lana caprina perché la sanità rappresenta circa l’80% del bilancio della Regione Lazio. Senza contare che risponde ad uno dei bisogni più urgenti ed essenziali della popolazione alle prese con lunghe liste d’attesa. “Le disuguaglianze stanno aumentando – conclude il sindacalista – Accade ormai che il paziente bisognoso di una visita o di un’indagine diagnostica immediata, sia invece costretto a rivolgersi a strutture private. Ammesso che possa pagare”. Per una risonanza magnetica urgente (tempo massimo dieci giorni), nel Lazio non c’è un posto libero prima un mese e mezzo. E anche quando il paziente riesce ad ottenere un appuntamento via Centro unico di prenotazione, non è detto che la struttura disponibile sia quella più vicina. Ma può essere anche a decine di chilometri di distanza dalla zona di residenza. Tutto questo accade a dispetto del fatto che per anni i pazienti del Lazio abbiano pagato il superticket per mettere una pezza a colori agli errori della politica.

E’ indubbio che con l’addio al commissariamento nella sanità “il Lazio ha raggiunto gli obiettivi dal punto di vista economico”, come ha spiegato il ministro della sanità Beatrice Lorenzin, precisando che la Regione ha “raggiunto il pareggio di bilancio ed è andata in attivo”. Più difficile sostenere, come invece vorrebbe Zingaretti, che per il Lazio si apra “una nuova era” fatta di “rigore” e “investimenti”. Di sicuro l’intera questione torna bene nel pieno di una campagna elettorale regionale infuocata nella quale Zingaretti può vantare di aver centrato l’ambito obiettivo finanziario. Ma soprattutto può promettere “un piano straordinario di assunzioni” (3.500 persone, ndr) e 720 milioni di euro di investimenti tra infrastrutture e acquisto di nuovi materiali.

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