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Torino, costrinsero compagno a mangiare escrementi e lo molestarono: due ragazzi condannati a 8 anni

I due ragazzi che sono finiti alla sbarra hanno negato le accuse sin dal principio. "Non è mai successo niente di tutto questo, siamo sempre stati amici".  Parla invece di "sentenza esemplare" uno dei legali di parte civile, l’avvocato Maria Giovanna Musone
Torino, costrinsero compagno a mangiare escrementi e lo molestarono: due ragazzi condannati a 8 anni
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Mi hanno costretto a mangiare escrementi e altre porcherie. Mi hanno fatto ubriacare. Mi hanno molestato con un ombrello. E una volta mi hanno portato da una prostituta e hanno preteso che mi appartassi con lei dietro a un muretto, mentre loro stavano a guardare”. Lo aveva raccontato un adolescente della provincia di Torino che due anni fa aveva denunciato due compagni di scuola. Ora per quegli episodi, contestati dalla Procura come reati di stalking, violenze e lesioni, è stata inflitta una condanna a 8 anni come richiesto dall’accusa sostenuta dal pm Dionigi Tibone. I due ragazzi che sono finiti alla sbarra hanno negato le accuse sin dal principio. “Non è mai successo niente di tutto questo, siamo sempre stati amici”.

Parla invece di “sentenza esemplare” uno dei legali di parte civile, l’avvocato Maria Giovanna Musone, commentando il verdetto. La storia risale al periodo tra il febbraio del 2013 e il settembre del 2014. La vittima, all’epoca dei fatti, aveva 16 anni e frequentava un istituto professionale in Provincia insieme ai due imputati, di qualche anno più grandi. I tre erano amici ma, ad un certo punto, il più piccolo –
secondo l’accusa del pm Dionigi Tibone – avrebbe cominciato a essere preso di mira e a subire ogni genere di angherie. Per strada, quando i tre erano in giro dopo la scuola; a casa, quando si trattava di fare i compiti e studiare insieme. Violenze ripetute, a cui la presunta vittima non avrebbe mai saputo opporsi. “Se anche mi ribellavo, loro lo facevano lo stesso” aveva spiegato agli inquirenti. “Avevo paura ed ero
rassegnato – ha aggiunto – Sino a che non ce l’ho più fatta e ho parlato di quell’inferno”.

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