Quello fra Skoda e Volkswagen è il classico caso dell’allievo che supera il maestro, con l’azienda ceca che riesce ad avere margini di guadagno superiori a quelli della marca tedesca, secondi addirittura solo a quelli di Porsche nell’ambito del maxi gruppo teutonico: negli ultimi 3 anni il costruttore boemo ha raddoppiato i suoi profitti operativi, raggiungendo 1,2 miliardi di euro, con un margine medio dell’8,7% per ogni auto venduta (quello della Volkswagen arriva appena a 1,8%).

Il perché di questo successo è presto spiegato: di base le Skoda (così come le Seat) sono delle Volkswagen nella meccanica e nella tecnologia ma vengono prodotte col costo della manodopera della Repubblica Ceca, molto più basso rispetto a quello tedesco. Basti pensare che in Germania la paga media oraria è circa 4 volte superiore a quella della Repubblica Ceca (10 euro contro 38). Ultimamente Skoda, che già da un pezzo ha alzato il livello della qualità costruttiva e del design, si è anche lanciata nella categoria dei Suv con due proposte molto valide e redditizie: la Karoq e la Kodiaq.

Tuttavia c’è chi a Wolfsburg comincia a mal tollerare questa situazione, specie ora che VW è alle prese con i tagli sui posti di lavoro per far fronte alle conseguenze del dieselgate: come riporta Reuters, i sindacati tedeschi, insieme ad alcuni vertici del brand Volkswagen, vorrebbero attenuare questa concorrenza interna, percepita come sleale. La soluzione al problema? Traslocare parte della produzione Skoda in Germania e farle pagare di più per l’utilizzo delle tecnologie brevettate da VW.

Mosse che servirebbero a quest’ultima per riaffermare la sua supremazia fra i brand generalisti di VW Group prima dell’avvento dell’elettromobilità di massa. Per questo Herbert Diess, ad del brand Volkswagen, ha chiesto al comitato esecutivo del Gruppo teutonico di creare una maggiore differenziazione fra VW e Skoda, destinando i due marchi a clientele e mercati diversi. Ammesso che questo basti a ristabilire equilibri violati e onori feriti.

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