A me le foto di Roberto Mari piacciono tantissimo, per questo ve ne parlo, non per altro. Mi piace quando fotografa il marmo, l’acqua e le persone. Roberto prima di fare il fotografo faceva l’analista finanziario: col tempo le analisi di mercato lo annoiano, inizia a sentire il richiamo della natura e in un certo senso della sua infanzia passata a Gorizia e viene colto dalla sindrome di Gauguin, così ben descritta da Giulio Ranzanici: “Da Parigi alla Polinesia, dal portafoglio clienti e famigliola benpensante e benestante e palazzi in pietra vista Senna al primitivismo oceanico, alle capanne in riva alla barriera, alle polinesiane scalze, nude, libere, belle e selvagge come le vere streghe. E da loro, su su e giù giù, fin dentro ai dipinti. La Pittura”. Ecco, al posto di Parigi mettete Gorizia, invece della Polinesia mettete Massa e Carrara, e al posto della pittura mettete la fotografia, così avrete un’idea di quello che è capitato a Roberto Mari, della sua metamorfosi esistenziale.

Ci vuole coraggio per cambiare vita, ma non solo: ci vuole immaginazione. Bisogna immaginarla un’altra vita per poterla conquistare passo dopo passo, scatto dopo scatto. Un fotografo scatta restando fermo, è un velocista dell’immobilità. “Ho capito che la fotografia era il mio destino quando mi sono accorto che potevo passare una giornata a inseguire una foto senza sentire i morsi della fame”, queste parole di Mari ci fanno capire come la fotografia sia per lui un profondo nutrimento. L’ispirazione di Mari si concentra su ferite e spaccature.

Così una fenditura nel marmo bianco di Carrara, in certe ore del giorno, assume i colori dell’arcobaleno, se fotografata con l’obiettivo adatto e l’angolazione giusta. E così veniamo a scoprire che i blocchi di marmo contengono arcobaleni che non aspettano altro che di essere rivelati. Lo stesso si può dire delle sue foto in riva al mare, l’incontro dell’acqua con la sabbia sono per Mari l’occasione per arrivare a una astrazione celeste, per rivelare quello che il mare tiene per sé, i suoi abissali segreti che si fanno schiuma e irridono i nostri limiti.

L’analista finanziario è diventato un implacabile analista della natura. Forse Mari scava sulla superficie per scovare l’infinito e le sue stratificazioni numeriche? Non è facile, forse non è nemmeno giusto, cercare di comprendere che cosa spinga un artista nella sua ricerca, di certo Mari è mosso da un’inquietudine personale, da una ferita che si porta nel cuore, e sente il bisogno di sgorgare nella realtà nel tentativo di colmare una frattura, una separazione, per fondersi in una osmosi originaria con l’universo, per tornare a sillabare un alfabeto perduto dove allucinazione e realtà non sono altro che due facce della stessa medaglia lucente: la vita.

Le parole ora cedono il posto al piccolo ritratto che ho dedicato a Roberto Mari. Dedicato a tutte le persone che hanno il coraggio e l’immaginazione di andare incontro a una nuova vita.

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