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Cinedivertiamoci, miracolo a Ziano Piacentino

Cinedivertiamoci, miracolo a Ziano Piacentino
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Secondo Maharishi Mahesh Yogi (La Scienza dell’Essere e L’arte di Vivere, Astrolabio) il fine della vita è l’espansione della felicità. L’uomo è nato per creare, per vivere, per godere una vita utile a se stesso e agli altri. Deepak Chopra sostiene (Le sette leggi spirituali del successo, Armenia) che il successo potrebbe essere definito come la continua espansione della felicità e la progressiva realizzazione di obiettivi meritevoli. Il vero successo è  l’esperienza del miracoloso, lo schiudersi della divinità dentro di noi, la sua percezione in ogni luogo.

La prendo alla larga per raccontare la mia estate a Ziano Piacentino, anzi, l’esperienza di Cinedivertiamoci, la rassegna di film all’aperto fatta nei giardini comunali del paesino in cui vivoE’ stata un successo, nove film (non certo dei blockbuster) che hanno visto una media di 53 spettatori con una punta di 68 (Grand Budapest Hotel). Due spettatori in più e le sedie non sarebbero bastate (vedi il mio post Elogio della disciplina? Qualcuno dovrà pur iniziare).

Non sono certo solo i numeri ad avere decretato il successo e ad aver reso felice me e chi ha partecipato a questa operazione. E’ stata la costruzione di un’iniziativa nata nella comunità, che l’ha rafforzata. Un piccolo miracolo di partecipazione, per chi riesce a coglierli i miracoli quotidiani. Non è facile mettere assieme tre associazioni di volontariato (Erbamata e L’arte del vivere con lentezza, la Don Orione di Borgonovo) una biblioteca comunale (Carla Carloni), membri dell’amministrazione, il Comune che ha consentito gratuitamente l’uso degli spazi, le persone che ogni sera prestavano la loro opera per montare e smontare il cinema, che di giorno tornava ad essere un parcheggio, la scoperta e la valorizzazione di un luogo, saltuariamente adibito a qualche festa estiva.

Mai uno screzio, un attacco di invidia. Non mi sono mosso da qui, è stato un piacere, passare i giorni caldi di quest’estate “cafona” lontano dai suoi echi. L’ultima sera, Ettore e io, mentre Vittorio si arrampicava a riaccendere i lampioni, ed Emiliana riordinava i libri della biblioteca, ci guardavamo soddisfatti, convinti di aver costruito qualche cosa di buono, di miracoloso, anche se qualcuno continuerà a chiamare Meryl Streep, Marylin: la bellezza dell’imperfezione.

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