Mstislav Rostropovich, per tutti Slava, è stato sicuramente uno dei più influenti musicisti della seconda metà del Novecento. Senz’altro il più rispettato violoncellista della sua generazione, buon pianista accompagnatore della moglie, la grande soprano Galina Vishnevskaja, e direttore di buon livello, specie dei compositori russi e sovietici in particolare (le integrali delle sinfonie di Prokofiev e Shostakovich sono ammirevoli). L’etichetta discografica Warner ha deciso di dare omaggio a questo grande artista, morto dieci anni fa a 80 anni, con l’uscita di un grande e lussuoso box delle registrazioni solistiche in possesso della casa: le incisioni della casa discografica Emi, quelle Erato e una buona selezione di live sovietici usciti diversi anni fa come “The russian years”. Sono 40 cd più 3 dvd e un bellissimo libro, soprattutto fotografico, con scatti provenienti dall’archivio della famiglia dell’artista. I cd sono stati nuovamente remasterizzati per l’occasione con un buon esito soprattutto per le incisioni più “anziane”.

Il repertorio coperto dall’importante cofanetto è vasto e coronato delle interpretazioni di pezzi di compositori del Novecento: commissioni volute per lo più da Rostropovich stesso per incoraggiare l’allargamento delle composizioni per lo strumento. Quindi abbiamo da una parte i grandi classici come il concerto di Antonín Dvorák presente tre volte di cui una meravigliosamente accompagnato da Carlo Maria Giulini, incisione che è tra gli imperdibili di questo concerto cavallo di battaglia di ogni violoncellista e il concerto di Schumann con Bernstein, un liricissimo must have per chiunque adori questo splendido e doloroso pezzo. Ma molte altre sono le incisioni diventate giustamente leggendarie: il Don Quixote di Strauss con Karajan e i Berliner, versione che rivaleggia con l’altra incisa da Karajan di statuto mitologico, ovvero quella con Fournier. Dall’altra ci sono le composizioni per le quali Rostropovich andava particolarmente fiero ovvero quelle in cui ha avuto  un ruolo perché coinvolse compositori più o meno grandi in composizioni scritte per lui. Splendido rimane il concerto di Penderecki che Slava incise con la direzione del compositore.

Soprattutto, però, rimane a perenne gloria del violoncellista l’aver ispirato Prokofiev e Shostakovich nell’interessarsi dello strumento. L’esito è stato innanzitutto il bellissimo concerto, anzi Sinfonia-Concerto, postremo capolavoro di Prokofiev. Una pagina di grandissima invenzione, fresca nonostante la declinante salute del compositore, nutrita di un generoso e quasi trascendentale virtuosismo strumentale che solo il giovane Rostropovich poteva dominare: in quest’opera, composta quando il bando delle autorità sovietiche sul compositore era già operante, Prokofiev ritrova la sua voce graffiante, sardonica, piena di contrasti e riesce anche ad abbandonarsi ad un lirismo doloroso che ricorda gli accenti della gloriosa Prima Sonata per violino e pianoforte. Della Sinfonia-Concerto nel box si trovano ben tre lettura diversissime per anni e livello: la migliore è quella live sovietica degli anni 60, interessantissima anche quella con Ozawa, un po’ noiosa quella con Sargent.  

Anche Shostakovich aveva raccolto le sollecitazioni del geniale violoncellista, componendo per lui ben due concerti di cui il primo rimane un capolavoro assoluto, con quel movimento lento geniale, una composta elegia dolorosissima, un pianto per la società sovietica gelata nel suo fiorire, una estrema testimonianza della capacità mimetica di Shostakovich che nella condizione della sua Russia riesce a evocare l’intera dolente umanità frustata dall’ingiustizia e dal destino, grande Leitmotiv della sua ultima produzione. La lettura che ne dà Rostropovich rimane ovviamente di assoluto riferimento: nessuno meglio di lui, costretto all’esilio, poteva interpretare la lamentevole condizione dell’Urss brezneviana.

Molte altre ovviamente sono le perle di questo cofanetto che non si finirebbe di ascoltare, ma bisogna soffermarsi su dei capolavori assoluti, pietre angolari del repertorio violoncellistico, quali sono le Suites per violoncello solo di Bach che Rostropovich ha inciso ufficialmente solo alla fine della sua carriera. I pezzi costituiscono una sorta di bibbia dello strumento, qualsiasi violoncellista degno di questo nome suona abitualmente le suites cercando di misurarsi con la meravigliosa scrittura bachiana e cercando di migliorarne l’interpretazione in maniera quotidiana.

Come mai uno strumentista del calibro di Rostropovich ha aspettato così tanto prima di incidere ufficialmente, quasi a imporre il suo crisma sull’opera, solo in tarda età? Non lo sappiamo. Sicuramente l’artista ha meditato quei pezzi tutta la vita e l’interpretazione che ne è uscita è diventata presto un classico. Nel box si possono apprezzare sia in versione audio che in video con tanto di commento dello stesso Rostropovich. Ovviamente si situano nell’olimpo della discografia bachiana insieme ai classici di Casals, Fournier, Mainardi, e pur non avendo fatte proprie le norme dell’esecuzione storicamente avvertita siamo di fronte ad una interpretazione “classica”, da intendersi come tradizionale, di livello eccelso, come non potevamo non aspettarci da un artista di quella caratura.

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