La linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Napoli è stata inaugurata nel 2009. E la concorrenza dei treni Italo è arrivata nel 2012. È tempo dunque di fare un bilancio dei benefici sociali ottenuti rispetto ai costi sostenuti per realizzarla.

di Paolo Beria (Fonte: lavoce.info)

Quattro scenari per valutare l’alta velocità

Sono passati ormai molti anni dall’inaugurazione, nel 2009, dell’intero percorso alta velocità Torino-Napoli e cinque dall’ingresso sul mercato di Ntv. Un nostro lavoro del 2012, relativo al primo anno di esercizio (una sintesi qui), ha mostrato che tutte le tratte, tranne la Milano-Bologna, erano ben lontane dal generare benefici sociali paragonabili ai costi sostenuti. E non solo perché i benefici erano relativamente pochi, ma soprattutto perché dovevano bilanciare un costo di investimento che è stato eccessivo rispetto a qualunque riferimento internazionale, a causa di scelte progettuali e amministrative (il general contractor è stato individuato senza gara).

Tuttavia, oggi, il successo in termini di passeggeri dell’alta velocità italiana è sotto gli occhi di tutti, anche quelli di chi (io stesso, per esempio) era piuttosto scettico sulla spesa di circa 30 miliardi di euro. Un successo “di pubblico”, però, non esime il manovratore dal guardarsi indietro, per rivalutare cosa è andato male, cosa è andato bene e soprattutto perché. A differenza di altri paesi (in Spagna ad esempio), una valutazione a posteriori in Italia non l’ha ancora fatta nessuno, proviamo dunque a farla noi con i pochi dati disponibili in questo articolo (a cui rimandiamo per tutti i dettagli), scritto con Raffaele Grimaldi.

Tra i benefici dell’investimento vi sono i risparmi di tempo dovuti alla velocizzazione delle relazioni rispetto al 2009, ma anche la riduzione dei tempi di attesa e delle tariffe attribuibili alla concorrenza di Ntv (Nuovo trasporto viaggiatori), oltre agli effetti ambientali. L’approccio usato è quello di una convenzionale analisi costi-benefici, coerente con le recenti linee guida del ministero delle Infrastrutture e Trasporti, che produce i consueti indicatori: il Van, cioè l’effetto netto attualizzato dell’investimento (deve essere maggiore di 0), il rapporto benefici/costi e il Nbir, cioè il rapporto tra benefici totali ed euro spesi per l’investimento (devono essere maggiori di 1).

La tabella riporta i nostri risultati, secondo quattro scenari.
È necessario ragionare per scenari poiché, mentre sappiamo “come è andata”, non conosciamo “come sarebbe andata” in condizioni diverse. In particolare, sappiamo che oggi c’è un beneficio di tempo dovuto alla linea veloce e che la competizione ha aumentato l’offerta, ridotto i prezzi e aumentato la qualità. Tuttavia non sappiamo cosa sarebbe accaduto altrimenti (ci sarebbe stata comunque competizione? Scenario 1.c) e potremmo essere interessati a quale sarebbe stato l’effetto dell’avere le linee Av, ma senza competizione (scenario 2), oppure ai benefici della competizione senza le nuove linee veloci (scenario 3.a).

Tabella 1

Lo scenario più realistico è probabilmente l’1.a: senza linee Av non ci sarebbe stata la competizione di Ntv, o quantomeno non sarebbe altrettanto incisiva. La linea storica era infatti satura in parte del percorso e avrebbe potuto ospitare solo pochi treni del concorrente. Ebbene, lo scenario 1.a è leggermente positivo. Significa che abbiamo investito 30 miliardi e abbiamo ottenuto benefici appena superiori. Non un grande risultato, che certamente sconta il “peccato originale” dell’eccessivo costo di investimento.

Incide più la velocità o la concorrenza?

La cosa più interessante, però, è che la quota principale dei benefici non è dovuta all’aumento di velocità e alla domanda da esso generata (lo leggiamo chiaramente nello scenario 2, molto negativo), ma alla nuova domanda, alla riduzione delle tariffe e dei tempi di attesa. Tutti effetti attribuibili soprattutto alla concorrenza, per cui la nuova linea era, al più, condizione necessaria, ma non sufficiente. Infatti, lo scenario 3.a ci dice che se avessimo potuto avere l’aumento di offerta che abbiamo avuto, senza i benefici di velocizzazione, avremmo ottenuto un rapporto benefici costi molto più alto. Questo scenario è fittizio, perché come si è detto la capacità non era certamente sufficiente, ma ci serve a sottolineare che è stato proprio l’aumento di capacità a fare la differenza tra i benefici e non la sola velocità. La costruzione di linee Av-merci da 300km/h è certamente il modo più costoso per aumentare la capacità, mentre abbiamo esempi interessanti di soluzioni intermedie, molto meno costose e quasi altrettanto efficaci in termini di tempi di viaggio (ad esempio varie linee tedesche e, speriamo, anche la futura Brescia-Padova).

Conseguenza rilevante è che le future linee alta velocità, se riguarderanno linee non sature, avranno sicuramente benefici di un ordine di grandezza inferiore, poiché saranno solo relativi alla velocizzazione, ma non all’aumento di offerta e riduzione delle tariffe, possibili anche a linea attuale. Cosa che, peraltro, sta già accadendo, con Trenitalia e Italo che si fanno concorrenza fuori dalle linee Av con servizi a velocità “normale” (Verona e Brescia ad esempio, ma in futuro magari anche Potenza o Reggio Calabria).

In conclusione, possiamo affermare che avremmo avuto molti dei benefici che oggi osserviamo anche con un “raddoppio veloce”, ad esempio a 250 km/ora, molto più economico. Inoltre, abbiamo indirettamente ottenuto una stima dei benefici socio-economici attribuibili all’apertura del mercato, quantificabili in oltre 7 miliardi di euro attualizzati in meno di 30 anni, solo per questa linea. Sono queste le “cure del ferro” che funzionano davvero.

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