Tempo fa scrissi un post a proposito del Punto G che raccolse le critiche del dottor Puppo, blogger de ilfattoquotidiano.it. Peraltro da più parti arriva una campagna di demolizione verso questo aspetto dell’anatomia femminile. Si ha notizia di un’assemblea di mille donne che avrebbero sostenuto all’unanimità l’inesistenza di questo tempio del piacere femmineo.
Stamattina ho telefonato al professor Jannini, esimio ricercatore nonché primo a fotografare l’area in questione dimostrando la sua esistenza. Gli ho detto: “Emanuele, ma il Punto G esiste ancora o l’avete perso?”.

Ho tirato un sospiro di sollievo quando mi ha confermato che è ancora lì: “Ma mi si dice che avete ritrattato!”, gli ho detto. E lui: “Ma per niente!” e mi ha spiegato che un coacervo di ricercatrici e ricercatori ha soltanto deciso di non utilizzare più la definizione di “punto G”, in quanto hanno verificato che questo nome induce alcuni a un’idea fuorviante: “Molti si aspettano di trovare un pulsante da schiacciare”.

Si parla quindi di “area” più che di “punto”. Ma la sostanza resta immutata. E allora, dirà qualcuno, com’è che addirittura mille donne hanno dichiarato di non averlo trovato? La questione è da tempo nota. Cerco di spiegare il tutto a uso dei non laureati in Medicina, con parole semplici, ma devo aprire una digressione. Esiste una zona, raggiungibile agendo sulla piccola depressione che si trova a circa tre centimetri di profondità sulla parete anteriore della vagina, che è resa sensibile dalla presenza della radice della clitoride. Parliamo dell’area dietro l’osso pubico attraversata dall’uretra.

Per sollecitarla bisogna di spingere (delicatamente!) a tre centimetri di profondità verso l’interno dell’osso pubico. È un’area ricca di tessuti cavernosi, cioè erettili, si gonfiano quindi in stato di eccitazione. Sollecitare quest’area provoca un orgasmo particolarmente piacevole. Aver fotografato e analizzato questi tessuti e le terminazioni sensoriali che si dipanano dalla radice della clitoride è il grande merito di Jannini.

Molte donne non hanno sensibilità in questa zona non perché siano anatomicamente diverse. Il problema è un altro. Nel 1936, mentre Stalin sterminava gli anarchici in Spagna, il professor Kegel scoprì che poteva curare in pochi mesi l’incontinenza nelle donne dopo la menopausa grazie alla ginnastica del muscolo puboccigeo (alias pavimento pelvico). Alcune pazienti gli dissero poi che grazie a questa ginnastica avevano raggiunto per la prima volta l’orgasmo.

L’efficacia di questa ginnastica è ormai quasi unanimemente riconosciuta a livello scientifico. Il che è comprovato anche dal fatto che in Francia e nei paesi scandinavi, dove questa ginnastica viene insegnata a tutte le donne dai ginecologi e nei corsi preparto, l’incidenza dell’incontinenza post-menopausa è sotto il 20% mentre in Italia siamo intorno al 50%. Quindi abbiamo un dato statistico molto solido.

In Danimarca, la ginnastica del pavimento pelvico è addirittura insegnata nelle scuole medie inferiori, anche perché è una pratica benefica per tutto l’apparato sessuale femminile e riduce pure l’entità dei dolori mestruali. Ovviamente, il fatto che in Italia questo argomento sia ancora tabù per molti ginecologi spiega perché il nostro paese è leader mondiale nel consumo di pannoloni per adulti, tanto che sono pubblicizzati in tv.

Oggi però trovi su youtube decine di tutorial su questa ginnastica ma negli anni 80, quando su Cacao pubblicai in italiano, il manuale danese di ginnastica pelvica per le scuole e osai parlarne su Tango, supplemento di satira dell’Unità, organo comunista fondato da Antonio Gramsci, rischiai il linciaggio per vilipesa maestà operaia. Il rapporto tra piacere, mobilità perineale e Punto G è pure confermato da un numero spaventoso di testimonianze femminili anche se adesso gli specialisti lo chiamano Zona clitoride, Uretra, Vulva (Cuv Area).

Hanno addirittura utilizzato l’ecografia per osservare come reagiscono durante un rapporto sessuale le aree erettilli suddette (che si erigono un casino!). Si è altresì verificato che le donne che non muovono abitualmente il pubococcigeo, durante la giornata come durante gli incontri intimi, possono non solo sperimentare l’insensibilità dell’area ma addirittura un certo fastidio al contatto. Ma questo non perché siano sprovviste dell’area medesima ma perché, come accade per qualsiasi parte del corpo, se non muovi una parte si atrofizza, diviene insensibile o dolorante e decresce pure la capacità del cervello di sentirla. Esiste cioè un ovvio rapporto tra movimento salute e sensibilità.

Quindi il fatto che si siano trovate mille donne che hanno dichiarato la loro insensibilità non è una prova, anche perché molte di più hanno dichiarato di essere estremamente, piacevolmente sensibili proprio lì. Sono tutte pazze maniache sessuali? Non credo. Comunque è legittimo che non si creda all’esistenza del punto G. Sono libere opinioni. Com’è legittimo che noi si continui a trovarlo.

Istruzioni per l’uso:

Il muscolo pubococcigeo è il muscolo che tutti, maschi e femmine usiamo per bloccare il flusso delle urine. Contrailo per tre secondi e poi ascolta il rilassamento per nove secondi. Questo è l’esercizio base. Ma non va fatto mentre fai pipì. Bloccare il flusso non fa bene, rischi irritazioni. Si può fare ad esempio quando ti trovi a doverti fermare perché il semaforo è rosso. Oppure quando sei in coda alle poste. Non se ne accorge nessuno e non sprechi il tempo. Fa bene anche ai maschi. Per aumentare la mobilità passeresca puoi anche ridere basso e tossire basso. Se lo fai durante il rapporto è un po’ rumoroso ma lui impazzisce e ti considera una dea matriarcale. Poi puoi anche imparare a produrre questi movimenti col silenziatore. Cioè contrarre il muscolo che contrai quando ridi basso senza ridere. Ma se ridi fa allegria.

Ps:

Peraltro il maschio ha il Punto L. E anche su questo non ci piove. Se mi scrivete dei commenti carini a questo articolo poi ve lo spiego.

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