Super soldati come se ne vedono negli action movie statunitensi. Ed è dagli Usa che arriva la notizia che l’esercito a stelle strisce sta sperimentando una particolare stimolazione elettrica del cervello per migliorare le prestazioni dei militari, in particolare su alcuni reparti d’élite. Una tecnologia, già usata da diversi atleti olimpici, che dovrebbe nelle intenzioni migliorare le prestazioni che implicano gesti ripetitivi, come il prendere la mira. La stimolazione, spiega il sito military.com che ha pubblicato la notizia due settimane fa, fa parte di un pacchetto di strategie allo studio che coinvolge anche l’uso di alcuni farmaci, ma finora si è rivelata quella più promettente. Anche se il meccanismo dell’effetto non è ancora interamente noto sembra che gli stimoli, impartiti da una specie di cuffia i cui impulsi raggiungono la corteccia motoria, riescano a portare il cervello in uno stato di ‘iper-plasticità’ che rende più facile l’apprendimento.

“Dall’inizio dell’anno – spiega Jason Salata, un portavoce dell’esercito – le unità speciali della Marina hanno iniziato un programma di miglioramento cognitivo su un piccolo gruppo di volontari per valutare la possibilità di migliorare le performance con la neurostimolazione. Gli elementi che stanno testando questa tecnologia includono personale del Naval SPecial Warfare Develoment Group, meglio conosciuto come il Seal Team Six. I risultati preliminari sono incoraggianti, e ci spingono ad andare avanti nella ricerca”.

L’azienda che ha messo a punto la tecnologia è la Halo, la stessa che la sta sviluppando per applicazioni sportive e da cui è possibile acquistare il dispositivo anche da parte di persone normali per quasi 600 euro. Un test su atleti impegnati nel salto con gli sci hanno trovato miglioramenti nelle performance superiori al 10%, ma studi sono in corso anche su atleti, soprattutto di discipline di velocità, e ciclisti. Oltre alla stimolazione, spiega il sito specializzato, l’esercito Usa sta studiando gli impulsi luminosi, la registrazione e l’analisi dei dati biometrici ma anche metodi meno tecnologici come l’uso di stimolanti, supplementi nutrizionali e persino la meditazione, usata per aumentare la concentrazione e l’attenzione e diminuire gli effetti della privazione del sonno. “Il nostro approccio è comunque estremamente cauto – sottolinea l’ammiraglio Tim Szymanski, che fa parte del team di sperimentatori – con un occhio attento agli effetti collaterali e al rischio che i soldati possano ‘fare da sé”.

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