L’ideologia del muro stabilisce il nuovo standard urbanistico. È quella che il Presidente Trump ha plasticamente mitizzato sul confine messicano, ancorché fosse stato il liberal e, soprattutto, neoliberista Bill Clinton a iniziare la costruzione della barriera tra Messico e Usa. Il muro è l’archetipo delle gated community, i quartieri bunker che iniziano a sorgere anche in Italia, soprattutto laddove la criminalità comune è percepita dalla gente comune come il problema più importante e la giustizia non riesce a fornire risposte convincenti. Il caso di Treviso, una gated community dove le abitazioni sono relativamente accessibili (tra i 2 e i 3mila euro al metro quadrato) rispetto all’immaginario milionario, è quello più noto e recente; ma iniziative simili sono già sorte e altre stanno per sorgere ovunque, in silenzio.

Le gated community, ossia i quartieri murati, sono zone residenziali recintate. Se sorvegliate giorno e notte da guardie e telecamere, prendono il nome di guard-gated community, veri e propri quartieri blindati. Vere e proprie città nella città dove vigono regole proprie e, prima di potervi entrare, gli estranei devono identificarsi e specificare il motivo della visita. In origine erano abitate dai ricchi, la gente ricca per davvero che si può permettere gli autisti e le guardie del corpo. Oggi, anche con l’aiuto della tecnologia, sono diventate l’oggetto del desiderio abitativo di una parte non marginale di quel che resta della classe media in cerca di un rifugio sicuro. Negli Stati Uniti e in Sud Africa, dove ci sono sia security village (grandi aree urbanizzate privatamente in forma di cittadina) sia enclosed neighborhood, quartieri cittadini recintati. Ma non solo: i quartieri murati si sono ormai diffusi in tutto il mondo, dalla Russia all’India, al Pakistan e all’Afghanistan, alle Filippine e in Arabia Saudita, dove erano nati per proteggere i lavoratori occidentali dei pozzi petroliferi. In Cina, sono numerosi anche le città murate: nella regione dii Guangzhou nel delta del Fiume delle Perle, c’è una cittadina sicura di 500 ettari con più di 200mila abitanti, i Clifford Estates. E in Sud America i quartieri blindati sono diffusi da almeno 30 anni, dal Messico all’Ecuador: il condomínio fechado è uno standard nelle megalopoli di São Paolo e Rio de Janerio in Brasile, così come lo è il barrio privado in Argentina.

In Europa e in Giappone i quartieri blindati sono ancora rari, ma nel Nord Italia ci sono già esempi funzionanti, come Borgo di Vione, una ex-cascina in provincia di Milano trasformata in residenze nel 2011. Qui non solo il controllo della legalità, ma anche gli aspetti ambientali sono trattati con cura secondo un’ampia e più corretta declinazione del concetto di security. Borgo di Vione è una frazione del comune di Basiglio, il piccolo centro del Milanesato che ogni anno contende a Portofino il titolo di città più ricca d’Italia, dove sorge pure Milano 3, il centro residenziale privato costruito dalla Edilnord di Berlusconi e ultimato agli inizi degli anni 90. E villaggi assai meno recenti come l’Olgiata a Roma e Roccamare a Castiglione della Pescaia hanno le caratteristiche della gated community. Più indietro nel tempo, questo schema guidò negli anni 50 l’urbanizzazione della Pineta di Arenzano, edificata con il contributo di architetti di grande fama: Luigi Caccia Dominioni, Ignazio Gardella, Vico Magistretti, Gio Ponti e Marco Zanuso.

Se qualche buontempone si è chiesto se il muro serva a difendere la gente normale dalla gente blindata, e non viceversa, i quartieri blindati sono criticati anche in modo più serio, come fece nel 2012 Rich Benjamin sul New York Times: «I quartieri blindati innescano un circolo vizioso attirando residenti conformisti, tutti con la stessa opinione di chi cerca uno scudo contro gli estranei; e il cui isolamento fisico ne acutizza poi il pensiero paranoico collettivo nei confronti degli stranieri». Questa mentalità non è estranea alle ultime pieghe della politica interna e internazionale di molti paesi. E sono sicuro che, se qualcuno edificasse oggi una nuova Città 2 o 3, a Milano come a Catania, il modello vincente sarebbe quello della guard-gated community.

Giovedì 16 marzo alle ore 15 presenterò in anteprima il mio nuovo libro presso l’Università della Calabria (Aula Magna, Unical-Arcavacata di Rende, Cs). L’evento sarà trasmesso anche in streaming.

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