Roberto Baggio compie 50 anni, mezzo secolo da campione e signore
“Giannini dà a Baggio… triangolazione Baggio, Baggio che converge, Baggio, Baggio, Baggio, finta di Baggio, tiro… Grandissimo gol di Baggio, grandissima impresa di Baggio, veramente bravo!”. Era il 19 giugno 1990 e questa era l’essenziale ma coinvolgente telecronaca di Bruno Pizzul che raccontava lo slalom di Roberto Baggio al 78’ di Italia-Cecoslovacchia. Era il 2-0 per l’Italia che chiudeva l’incontro e faceva conoscere al mondo la classe immensa del 23enne di Caldogno.
Avevo dieci anni e ricordo l’urlo della piazza del mio paese dove era stato piazzato un maxischermo. Noi ragazzini non potevamo stare fermi per 90 minuti e gironzolavamo attorno alle tante sedie dei “grandi” che quella piazza la riempivano. Le “notti magiche” erano davvero magiche perché il mese di giugno regalava belle serate e la nazionale girava a meraviglia. C’era una comunità intera che si radunava ogni volta, unita nel tifo e nel divertimento. Guardare il calcio insieme era un richiamo antico, e trasferire il salotto di casa in piazza era bellissimo. Questo almeno vedevano i miei occhi da ragazzino che da quel minuto 78 mi innamorai di un campione, quel numero 15 che aveva fatto un numero da 10.
Baggio giocava già da quattro anni in serie A (esordio il 21 settembre 1986) e aveva messo a segno una cinquantina di reti con la sua Fiorentina ma adesso segnava per l’Italia, nel “nostro” Mondiale. Un campionato del mondo in Italia reso ancora più “nostro”, siciliano intendo, dall’incredibile epopea di Totò Schillaci. C’era Totògol, ed eravamo tutti pazzi per lui, è vero, ma se Schillaci era istinto e fenomeno di un’estate, Baggio era all’inizio di una carriera sfolgorante.
In quella piazza paesana e nei giorni a seguire noi “piccoli” eravamo o Baggio o Schillaci quando giocavamo le infinite partite di pallone. Dopo ogni dribbling o gol partiva l’auto-telecronaca che ci consacrava alla stregua del campione del cuore. Il mio, si è capito, è Roberto Baggio. Parlo al presente, sì, anche se il mio fuoriclasse compie cinquant’anni (18 febbraio) e non calca il campo da gioco dal 2004. Sembra passata un’eternità perché Baggio, dismessi gli scarpini non ha indossato le vesti di opinionista, commentatore, ospite dei salotti e neppure allenatore (nonostante abbia il patentino). Già quando giocava non aveva ceduto alle sirene milionarie dei campionati esteri che lo avrebbero riempito d’oro, aveva scelto la tranquilla provincia bresciana per regalare le ultime magie.
In vent’anni di calcio giocato ha realizzato oltre 300 gol. Pizzul parlava di impresa dopo quello alla Cecoslovacchia e dunque mi spingo oltre, ogni gol di Baggio era un’impresa? Forse sì, perché lo aspettavi, speravi che tirasse fuori dal cilindro una magia e a fine carriera gioivi anche se la metteva dentro di pancia dopo una mischia.
Grazie Roberto, auguri!