Per la Banca d’Italia l’ipotesi dell’uscita dall’euro “è uno scenario di disastro, di catastrofe“. Uno scenario tornato però alla ribalta dopo che un report dell’ufficio studi di Mediobanca ne ha preso in considerazione la fattibilità, quantificando i possibili effetti positivi e negativi di una Italexit. Gli analisti di Piazzetta Cuccia arrivano alla conclusione che il saldo tra costi e benefici dell’abbandono della moneta unica nel corso del 2017 sarebbe negativo per 71 miliardi. Infatti da quest’anno, diversamente da quanto avvenuto fino al 2016, la maggior parte dei titoli di Stato della Penisola contiene una clausola di azione collettiva (Cac, prevista dalla normativa Ue a partire dal 2013) che impedisce di fatto la ridenominazione in valuta locale del debito pubblico emesso in euro. Le Cac consentono infatti ai creditori che possiedono più del 25% di ogni emissione di porre il veto su proposte di ristrutturazione o, appunto, ridenominazione del debito.

Di conseguenza, ipotizzando una svalutazione della nuova lira del 30% nei confronti dell’euro (rispetto al rapporto iniziale di 1.936,27 lire per euro), Mediobanca calcola che i 178 miliardi di minor costo della parte di debito senza Cac che verrebbe convertito in nuove lire sarebbero più che compensati dai 249 miliardi di maggiori oneri per i titoli con Cac in euro. Mentre in passato i benefici avrebbero superato i costi – nel 2013 il saldo sarebbe stato positivo per 285 miliardi –  alle condizioni attuali l’analisi finanziaria porta quindi a bocciare l’ipotesi di un’Italexit. Questo anche se, secondo il rapporto, l’Italia potrebbe avere forti incentivi a riottenere la sovranità monetaria nazionale in quanto la mancanza di crescita e competitività e l’alta disoccupazione sarebbero meglio affrontabili con un ritorno alla lira e la svalutazione competitiva che ne deriverebbe. Per questo le preoccupazioni degli investitori sull’uscita della Penisola dall’euro sono comprensibili, scrivono gli analisti della banca d’affari.

I calcoli di Mediobanca, peraltro, non tengono conto di quanto dichiarato la settimana scorsa dal presidente della Bce. Il 23 gennaio, rispondendo all’interrogazione di due parlamentari europei del Movimento 5 Stelle, Mario Draghi ha argomentato che, in caso di uscita dell’Italia dall’euro, Banca d’Italia dovrebbe rimborsare crediti e passività nei confronti dell’Eurotower. E a fine 2016 nel sistema di pagamenti europeo Target2 il saldo negativo dell’Italia era pari a circa 357 miliardi.

perdita-netta-uscita-euroIntervistato lunedì mattina su radio Rtl, il direttore generale di via Nazionale, Salvatore Rossi, ha commentato dicendo, appunto, che “è uno scenario di disastro, di catastrofe”, ma questo “non vuol dire che non possa succedere ovviamente perché tutto può succedere”. Tuttavia, ha spiegato, i risparmi degli italiani si svaluterebbero fortemente: “Se si passa dall’euro alle vecchie monete nazionali, il sistema dei pagamenti europei va adattato e ci vogliono mesi e mesi. E durante questi mesi che succede? Chi ha risparmi in euro sa per certo che tra sei mesi quei risparmi varranno la metà, se si appartiene a un paese come l’Italia tendenzialmente svalutazionista. Quindi i risparmi varranno meno, forse la metà, due terzi, molto meno comunque”.

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