Sanzioni “poco credibili” perché hanno “un costo politico che ne rende la loro applicazione molto improbabile“. Scarsi benefici per chi rispetta le regole. E incentivi, per i ministri delle Finanze dei 18 Paesi, a chiudere un occhio sulle inadempienze altrui, perché un domani potrebbero essere loro a trovarsi sul banco degli imputati. Risultato: il Patto di stabilità e crescita nell’area dell’euro viene fatto rispettare in modo iniquo, con i Paesi più grandi che riescono a far valere il proprio peso più degli altri. E’ la diagnosi messa nero su bianco dal Fondo monetario internazionale in un rapporto sulle politiche fiscali dell’Eurozona che arriva proprio nei giorni in cui l’Italia negozia con Bruxelles una correzione da 3,4 miliardi dei conti pubblici per scongiurare una procedura di infrazione.

Secondo gli economisti di Washington “le procedure di sorveglianza e di coordinamento unici all’interno dell’Unione europea” hanno armi spuntate per effetto della doppia responsabilità di far rispettare il Patto in mano a Commissione europea ed Ecofin, con quest’ultimo che raccoglie ministri nominati da un governo che risponde a un mandato elettorale. “Di conseguenza, alcuni hanno sostenuto che l’applicazione del Psc non è stata imparziale” e che c’è stato “un trattamento preferenziale riservato ai paesi più grandi che hanno più ampi diritti di voto”, si legge nel rapporto. “In secondo luogo, i membri del Consiglio Ecofin possono avere incentivi a essere indulgenti ed evitare azioni che sono politicamente costose per gli altri Stati membri perché potrebbero trovarsi in una posizione di disagio fiscale in futuro”, continua il Fmi, secondo cui la crisi “ha ulteriormente accentuato questa tendenza”. Nel report viene citato Otmar Issing, ex capo economista della Bce, che descrisse questo meccanismo come una situazione in cui “i peccatori potenziali giudicano i peccatori effettivi”.

Il risultato è che il Patto ad oggi non ha impedito il deterioramento dei bilanci e le procedure per deficit sono cresciute. “Gli obiettivi di medio termine (Mto) sono stati violati nell’80% dei casi presi in esame, con almeno due terzi dei paesi che hanno sforato il Mto ogni singolo anno”. E, “considerando il campione di paesi della zona euro nel corso 1998-2015, il deficit ha superato il tetto del 3% del pil in più di tre quarti del totale dei paesi”.

Di conseguenza, secondo il Fondo, serve una riforma del Patto che introduca incentivi per il rispetto dei requisiti di bilancio e renda le sanzioni politicamente accettabili. “Sebbene questa sia una missione molto difficile in assenza di un’Unione politica”, osserva il Fondo, a “guidare le riforme future” dovrebbe essere il principio di “rendere le sanzioni più accettabili sotto il profilo politico. L’attuale sistema di sanzioni e di misure obbligatorie manca di credibilità per due ragioni”. Primo, le sanzioni finanziarie per i paesi sotto procedura non fanno che esacerbare le difficoltà finanziarie di governi già sotto stress, limitando l’efficacia delle sanzioni e la finalità nelle fasi economiche sfavorevoli”. In futuro dunque “andrebbe data maggiore enfasi sulle sanzioni sotto il braccio preventivo” e andrebbero considerate “sanzioni non pecuniarie” anche se un paese si trova sotto il braccio correttivo del Patto di Stabilità, dunque sotto procedura.

Secondo, sanzioni elevate comportano un onere e “un costo politico che ne rende la loro applicazione molto improbabile”. Per questo “deviazioni iniziali e/o ridotte dovrebbero comportare oneri finanziari altrettanto ridotti in modo che si trovano ad affrontare opposizioni politiche limitate, mentre scostamenti ripetute e/o rilevanti andrebbero penalizzati più pesantemente”. Per quanto riguarda gli incentivi, il Fmi pensa a un collegamento tra rispetto delle norme di bilancio e volume dei fondi comunitari o altri tipi di finanziamenti o un fondo di stabilizzazione.