E dopo la chiamata ad artisti e creativi che Monica Cirinnà ha lanciato dal Quirinale il 24 gennaio dal teatro che fu del Papa per ridisegnare l’immaginario della contemporaneità in quanto a famiglie e amore, ecco che già nei teatri gira Geppetto e Geppetto, una pièce di Tindaro Granata coprodotto dal Teatro Stabile di Genova e dal Festival delle Colline Torinesi, già Premio Ubu 2016. Il giovane drammaturgo, attore e regista ha trionfato nella categoria “nuovo progetto drammaturgico” portando in scena non solo l’amore omosessuale tra due uomini, ma il loro complicato percorso verso la paternità.

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Attualissima la tematica, e d’impatto vederla rappresentata su un palcoscenico, senza effetti speciali. La storia è comune, una coppia di uomini che da anni convivono finché, come spesso vuole il corso naturale delle relazioni umane, arriva il desiderio di diventare padri. Come il Geppetto della favola più conosciuta al mondo, i due “fabbricano” il proprio figlio, non con sega e martello ma con la pratica della gestazione per altri. Il bimbo cresce felice, finché, come raccontato anche nel bel romanzo Sei come sei di Melania Mazzucco, non muore il padre biologico. In Italia, il genitore non biologico non ha alcun legame di parentela col figlio, e alcun diritto. Questa situazione crea nel bambino una sorta di “rifiuto” del padre-non padre: perché mi avete fatto nascere così, chiede disperato il piccolo Matteo, perché mi avete voluto a tutti i costi!

“In realtà – spiega Granata – sentimenti di rifiuto di questo ragazzo appartengono alla maggior parte dei ragazzi nati da famiglie ‘normali’, che spesso ‘rifiutano’ un genitore o l’altro in quanto ‘carente’ di qualcosa. E forse ciò che ‘manca’ è la possibilità di riconoscere i ruoli tradizionali maschile-femminile/paterno-materno. Infatti, ciò che caratterizza questo tempo è proprio la fluidità dei ruoli, e se questo fatto apre nuove possibilità per l’amore, lo estende anche a coppie fino a ora condannate alla sterilità, omo o eterosessuali, perché in effetti non c’è più tanta differenza tra avere un padre e una madre o avere due padri o due madri, o avere genitori biologici o adottivi, tanto a contare sono le funzioni di cura e norma, è anche vero che la perdita dei punti di riferimento tradizionali fanno vacillare le nuove generazioni”.

Il drammaturgo non si schiera, non dà interpretazione morale, non entra nel merito del dibattito bioetico, ma si limita a mettere in scena alcune problematiche della contemporaneità, e riesce a farlo (anche per questo il Premio Ubu) in modo virtuoso, suscitando domande invece che giudizi.

“Io non sono padre e non ho desiderio di paternità, ma sono molto interessato a capire che figlio sono stato per mio padre, che padre ho avuto in un mondo, appunto, dove il maschile e il femminile sono sempre più confusi. Le famiglie arcobaleno sono lo 0,2% in Italia, ma ho scelto una di loro come soggetto perché più impattanti nei confronti dello spettatore, cui volevo invitare a riflettere sulla paternità odierna che, per il 46%, comprende appunto padri che crescono figli biologicamente non propri“.

In questo senso è incredibilmente attuale lo spettacolo: non perché racconti di una minoranza, ma perché la minoranza di cui racconta può simbolizzare e rappresentare le nuove paternità, ossia quegli uomini che fanno i genitori in famiglie ricomposte, o che hanno figliato con donazione di seme: dicevamo, quasi la metà dei padri italiani. Alla fine della pièce, ciò che emerge è che le emozioni in ballo per chi desidera diventare genitore sono esattamente le stesse in ogni padre. Lo spettatore può chiudere il cerchio a piacer suo, interpretando e trovando una personale opinione sul tema, ma di sicuro Geppetto e Geppeto ci convince che generare è una pulsione irrazionale e violentissima e ingaggia tutte le energie e le risorse di una coppia, sia essa etero, omo, sterile o no.

“Questo testo è stato scritto a giugno 2016 dopo aver incontrato, discusso e ragionato, nei bar vicino casa e alla stazione Centrale di Milano, insieme a persone alle quali ho rubato pensieri, dubbi, certezze, paure, stereotipi, dolcezze, comprensioni, rabbia, tolleranza, disinformazione, odio e amore e tante frasi e tante parole. Persone sul tram 15, dal Duomo allo Spazio Proxima Res, e sul tram 5 che da casa mia porta alla Stazione Centrale. Persone per strada in via Budua, in via Lancetti,  in Viale Zara. Persone al parco giochi di Piazzale Istria dove le mamme e i papà portano i loro piccoli a giocare. Ma anche sul treno Milano/Napoli, su quello Milano/Roma e infine parlando dalle 23.30 alle 03.05 con la signora Concetta Procopio, sul bus di ritorno da Castrovillari, il 2 giugno”.

Le prossime date? 26 gennaio a Parma, Teatro al Parco (delle Briciole), e poi il 28 e 29 gennaio a Lugano, Teatro Foce. Sul sito le altre date.

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