Eh sì, perché ci sono anche i 17.117 revisori dei conti degli enti locali (7.362), iscritti nell’apposito registro del Ministero dell’Interno, i cui requisiti di onorabilità vengono autocertificati al momento dell’iscrizione e decadono solo se l’ordine d’appartenenza li cancella e lo comunica, cosa non scontata. Il loro tallone d’Achille? La fame. Lo Stato dovrebbe remunerarli il giusto per incentivarli a un controllo serrato ma fa l’esatto contrario: li remunera secondo massimi tabellari da 2mila a 17mila euro l’anno (lordi) secondo la consistenza demografica degli enti da controllare. Nel 2010 i loro compensi sono stati pure ridotti del 10% per essere poi aggiornati trimestralmente per decreto: il decreto, sei anni dopo, non è ancora arrivato. In queste condizioni quanti si improvvisano paladini della legalità a tutti i costi? Quanti sono disposti a ingaggiare irriducibili scontri con i vertici politico-amministrativi degli enti, contestando i loro atti e le loro decisioni?

Spulciando bandi e gare ho fatto il mio dovere”. Così Giovanna Ceribelli ha dato il via all’inchiesta su Lady Dentiera

E qui s’impone il tema dei controllori fuori controllo. Le norme che regolano le due categorie di revisori fanno molto affidamento sulla “diligenza” dei professionisti che attiene però alla sfera soggettiva dei singoli. Idem per l’analiticità e la profondità del controllo da eseguire, definiti in modo tanto ampio quanto generico. Così il controllore, a seconda dei casi, può rappresentare una spina nel fianco oppure un fiancheggiatore che per interesse o debolezza fa da paravento ai disonesti. Sempre revisori sono. Valga, per tutti, il monito di Giovanna Ceribelli, la tenace sindaca del collegio di vigilanza dell’Ospedale di Desio-Vimercate che ha fatto deflagrare lo scandalo di Lady Dentiera in Lombardia: “Spulciando bandi e gare ho fatto il mio dovere – diceva al fattoquotidiano.it – ma a sindaci e revisori dico: non fatevi condizionare, intimorire, blandire ma denunciate”.

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