Se non fosse stato per la musica a quest’ora chissà che fine avrei fatto. La storia della musica è piena di dichiarazioni come questa. Più o meno pittoresche, ma con questo messaggio preciso lì, a fare da collante. La musica mi ha salvato la vita. Me lo dice anche Marina Rei, cantautrice romana mai abbastanza apprezzata per la sua storia musicale. Ce lo dice anche Marina Rei, attraverso il suo ultimo singolo, Portami a ballare. Ce lo dice anche il protagonista non dichiarato, almeno nel testo, del suo singolo, Portami a ballare, canzone apparentemente leggera, anche a partire dai suoni, un po’ meno indie degli ultimi esibiti dalla cantautrice, ma in realtà portatrice di un bel messaggio e veicolo di una bella storia.

Andiamo con ordine. Marina Rei si è salvata con la musica. Marina Rei è nata nel mondo della musica, e in quel mondo ci è cresciuta, prima come figlia di un grande batterista e di una cantante professionista, poi, a sua volta grande batterista e cantante, ragazzina che studia, si impegna, cerca una propria strada, diventando quindi una cantante pop, con evidenti venature soul, una cantante pop di ottimo successo, dei Sanremo alle spalle, delle hit alle spalle. Marina Rei, appunto. Non c’è 21 di marzo che non si senta la sua versione di You to me Are Everything del gruppo The Real Thing intitolata Primavera in tutte le radio, tormentone che, suppongo, lei stessa viva come tale. Tanto per fare un titolo.

Poi un cambio di rotta. Come se di colpo il mainstream, quello che ce l’ha fatta conoscere, che l’ha fatta conoscere alla massa, le fosse venuto a noia. Come se la ricerca di una propria vena cantautorale personale la avesse indotta a allontanarsi dalle luci dei riflettori, lì in una strada sicuramente meno di massa, ma altrettanto sicuramente ancor più degna di nota. Una strada fatta di ricerca, di accreditamento presso un pubblico che non la vede, inizialmente, come parte di sé. Una strada impervia, che però Marina affronta con entusiasmo e esibendo un talento che le permette di muoversi sinuosa anche tra gli spigoli dell’indie, dentro logiche apparentemente lontanissime dal mainstream. E se sei nata nel mainstream, è un fatto, e poi ti muovi nell’indie, l’idea stessa di mettere steccati ti appare stupida, non può che essere così. Perché la musica è musica, sempre e comunque.

Così la vive Marina. Come una passione, qualcosa in grado di salvarti la vita. Al punto che, riconquistata una nuova credibilità, in altri lidi, Marina decide di arrischiare un nuovo cambiamento, e lo fa proprio con questo nuovo singolo, Portami a ballare. I suoni sono un po’ meno indie di quanto non fossero le canzoni degli ultimi lavori solisti, ripeto, una apparente leggerezza pervade il pezzo, un singolo che ha le caratteristiche per essere un vero singolo, radiofonico. Ma che singolo radiofonico non è e non sarà perché le logiche delle radio non muovono certo i propri passi a partire dalle canzoni e dai suoni, ma altrove, in luoghi mefitici che con le canzoni e la musica nulla hanno a che fare.

La musica, si diceva e si è detto più volte. La musica che salva la vita. È di questo che parla, traslatamente, Portami a ballare. E il testo prende i passi non solo e non tanto dall’esperienza della cantautrice, che alla musica deve il fatto di essere se stessa, Marina Rei, appunto, ma dalla storia di un suo amico. Una storia che non vuole rendere pubblica, e per questo è lì, dentro le parole del testo, tra le righe. La storia di un uomo che di colpo, da adulto, perde la possibilità di muoversi.

Tragedie che succedono, e che spesso non trovano soluzione. Perché di fronte a certi mali soluzioni non esistono, almeno da un punto di vista medico. È anche questo il caso. Ma Portami a ballare parla di miracoli, miracoli non certo legati a guarigioni, ma nuovi metaforici passi da trovare, nuovi stimoli per ricominciare, seppur in nuovi assetti. Di questo parla la canzone, di non fermarsi di fronte alle tragedie, di trovare forze dove non sapevamo di averne, di lasciarsi andare al ritmo, che nella canzone c’è, perché se si è batteriste si è batteriste, c’è poco da fare, e di lasciare che il ritmo guidi la nostra vita, riprendendo a muoverci.

Ecco, riprendere a muoversi andando a ritmo della musica, è questo che è successo, miracolosamente, all’amico di Marina Rei, che ha trovato nella musica non una cura, ma quantomento una momentanea pausa all’immobilità, un modo nuovo per vivere, per essere se stessi. La musica può salvarti la vita, la vita e l’attaccamento alla vita può salvarti la vita. Di qui l’idea di scrivere una canzone, di tirarla fuori anche senza un album a ridosso da lanciare, senza un tour da promuovere, perché di tour, Marina Rei, ne ha appena concluso uno, anche piuttosto fortunato. Quando non si è mainstream e non si è indie, ma si è fondamentalmente se stessi può anche capitare di decidere di seguire il ritmo, uscire perché ci va di uscire e fregarsene delle regole del mercato. Perché la musica è musica, se la segui ti salva la vita. L’ha fatto con lei, col suo amico, con chi scrive, e molto probabilmente anche con te che leggi.

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