Esattamente come accadde per Banca Etruria, è un suicidio a mettere i palazzi con le spalle al muro. Le proteste dei risparmiatori traditi non hanno raggiunto i decibel che il sordo sparo con cui questo ex operaio si è tolto la vita hanno prodotto.

Una tragedia che si innerva dentro un’altra tragedia, più di sistema. La tragedia di chi non trova risposte dentro la tragedia di chi è stato tradito e ora è nudo e più povero. Le crisi del sistema bancario sono le crisi di una ingordigia mai spiegata al paese. L’ingordigia della finanza che dopo aver intossicato i bilanci pubblici e privati con derivati e titoli tossici ha replicato lo stesso schema anche verso i risparmiatori. La finanza liquida che ha inondato il paese reale.

I palazzi, dicevo. Le istituzioni politiche troppo intrecciate con i bankers, i quali bankers a loro volta controllano i controllori così che il risparmio diventa una preda ghiotta e facile. Lo strapotere della finanza è sotto gli occhi di tutti. Comandano, decidono e soprattutto non pagano. Gli stipendi d’oro e i bonus gold che si auto assegnano sono il divario che separa il senso delle cose dal fanatismo.

La responsabilità è comune e diffusa. Così tanto da far perdere le tracce delle colpe. Vi è sempre un documento tana-libera-tutti. Per i dirigenti, per i controllori (da Bankitalia alla Consob), per i politici: la rete di protezione funziona e depotenzia. Chi paga? Boh, vedremo. Intanto nel Paese un filo resistente lega e collega le disperazioni, le tragedie, i suicidi, sebbene queste maledette storie rimangano lì in una Spoon River periferica, lontana dall’epicentro. E qual è l’epicentro? La finanza malata, avvelenata. Quella che si è impossessata delle vite degli altri e di ciò che un tempo ne costituiva la struttura: il risparmio, la casa, il lavoro, le pensioni. La curva di indebitamento privato è cresciuta simultaneamente con le politiche rigoriste. Il risparmio non appartiene più al cittadino ma al sistema. Che ti spinge a non consumare indebitandomi, con l’effetto che l’uomo indebitato è schiavo. A quote crescenti di indebitamento privato corrispondono crescenti privazioni di diritti, perché chi ha debito è esposto al potere ricattatorio del suo creditore. Ciò vale nelle famiglie così come nei capannoni. Non nei grandi ovviamente.

La casa. Il lavoro. Il consumo. Ora persino la pensione. C’è sempre un prodotto finanziario che tenta e – se va male – umilia fino alla disperazione. Siamo fermi al mors tua, vita mea perché questo sistema per salvarsi ha bisogno di proseguire nel contagio mortale. Il silenzio sui derivati è il peccato originale. La irresponsabilità sui crac è la naturale conseguenza. E potremmo proseguire. Senza trovare una risposta.

Qualcuno – e chiudo – deve spiegarmi come sia possibile che all’inondazione di liquidità immessa da Draghi attraverso il quantitative non corrisponda una effettiva disponibilità di denaro per famiglie e imprese. Perché i mutui, nonostante tassi al minimo storico, restino bloccati. Perché? Perché?

Articolo Precedente

Neoliberismo, perché l’accanimento a prescindere è inopportuno

next
Articolo Successivo

Crediti bancari, le segnalazioni errate alla Centrale dei Rischi buttano le aziende sul lastrico

next