Era in concorso al Festival di Cannes ‘Marguerite et Julien’, l’ultima fatica di Valérie Donzelli. Non è riuscito a portare a casa nessun premio e la critica non lo ha proprio amato. Ora esce in Italia portando in sala la scandalosa favola di un amore incestuoso

In un dormitorio femminile il sonno è poco, ma le prime curiosità sentimentali tante. Inizia il racconto di una delle ragazzine: Marguerite et Julien, la leggenda degli amanti impossibili, due fratelli che, amandosi da sempre, furono perseguitati dalla famiglia e dalle autorità fino ad esser costretti alla fuitina, lontani dal loro villaggio per un perseverato incesto. La visione della regista Valérie Donzelli era chiara: fare di una storia pruriginosa, oltretutto realmente accaduta nel ‘600, una favola tragica su un amore impossibile e senza tempo. Lo script originale fu firmato da Jean Gruault per François Truffaut, ma rimase in un cassetto per anni. Fino a quando non la lesse la regista. Ma sul perché il progetto non partì mai aleggia il mistero. “Ci sono diverse teorie. Lui pensava che il soggetto fosse troppo audace a quel tempo. La sceneggiatura è stata scritta nel 1973, l’anno in cui sono nata”.

Ha spiegato la Donzelli. “Louis Malle aveva appena diretto Soffio al cuore, sul tema dell’incesto. Gruault mi aveva detto recentemente che la ricostruzione storica del medioevo scoraggiò Truffault, e lo capisco perfettamente. Quando l’ho letta ho pensato subito che il film non avrebbe dovuto collocarsi in un tempo preciso”. E così è stato. La grande camera delle ragazzine che raccontano la storia e le loro camicie da notte ci portano ambiguamente indietro di un secolo, mentre l’amore tra i due fratelli di almeno un paio. Le volute discordanze sui costumi, presi da varie epoche, producono immagini scivolose per una collocazione precisa, senza parlare di elementi tecnologici che è giusto non anticipare, ma che rappresentano la continuità temporale dell’incesto come atto moralmente inaccettabile.

Una trattazione dell’amore incurabile quanto una malattia e ineluttabile più d’un destino, sono obiettivi che la regista insegue sfoderando tutta l’estetica possibile. Ci sono gusto e attenzione certosina nel curare luce e inquadrature. Quasi quasi si respira aria di Nouvelle Vague. Ma artificiale, anzi, artificiosa. Jérémie Elkaïm, corpo asciutto e nervoso dagli occhi languidi assume anche physique du rôle pasoliniano, mentre Anaïs Demoustier incarna un mix di Giulietta, cresciutella e vogliosa castellana. Danno vita a un duo dal sapore talmente iconografico e carico della più conscia determinazione autoriale a farne costruzione che si sfocia nella neutrale: si rimane separati dai palpiti per il loro amore intoccabile quanto dallo schermo, sedendo all’ultima fila. Il paradosso cinematografico della purezza amorosa rispetto al crimine antropologico dell’incesto resta tutto nella minuziosa messa in scena di Donzelli. Ma soltanto lì, perché a noi, seduti al buio, di emozione per questo attentissimo lavoro ne arriva ben poca. Sono tante, tantissime le rivisitazioni in stili narrativi, di ripresa e di colore dichiaratamente alla Truffaut, alla Rohmer e alla Jean-Paul Rappenau. Qualcosa ricorda persino Antonioni e Von Trier, ma i fremiti nel petto che regala sono troppo pochi per aver scomodato tutta questa antologia.

Gli stessi anacronismi negli elementi scenici sono talmente ben amalgamati, mimetici, che se ne perde il senso, come si passeggiasse in un disordinato negozio d’arredamenti. L’unico effetto di rottura che passa è sempre quello tecnologico di cui sopra, che non è il caso di spoilerare. A tal proposito ricorda le snickers di Marie Antoinette, se condividerete questa coppoliana memoria. Si diceva Nouvelle Vague, ma resta solo il vagare tra gli stili. “Senza tempo” come è convinta la regista sì ma, ahinoi, anche senza mordente.

Probabilmente un film del genere quarant’anni fa avrebbe spaccato il pubblico ardendo gli animi. Avrebbe messo un altro artistico piede di porco a scardinare le sacre istituzioni Famiglia e Matrimonio. Soltanto la legge sul divorzio in Italia, Spagna, Irlanda, Malta e Portogallo era del ’70, e quelli furono anni di lotte e picconate. Ma oggi, tra Dico e valanghe di sesso e perversioni varie accessibili a chiunque sul web, quanto può risultare davvero scandaloso, o quantomeno spiazzante un film incestuoso su due giovani, fratello e sorella, che si amano teneramente?

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