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Bez Yorke e il suo ‘Pleonasm’: un bacio dolce dal sapore elettronico

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Pleonasm” è un bacio dolce, rinfrancante come il torpore della domenica mattina che solo il più lungo dei caffè saprebbe e potrebbe interrompere. Per parlare di questo disco più che aggettivi servirebbero immagini, una delle tante che riesce ad evocare per ‘colpa’ dell’elegante timidezza di chi lo ha scritto e si impegna a portarlo in giro (Eleonora Iacovacci aka Bez Yorke), alla ricerca di un consenso che così è fin troppo facile strappare: non un applauso, non una ‘ola’ bensì un virus che entra e rimane sotto-pelle. Ed il fatto che sia uscito solo il 24 Febbraio mette voi e me nella condizione di potercela tutti tirare abbastanza con le persone con cui – un po’ sinceramente, un po’ per puro esercizio di stile – giochiamo alla scoperta di questa o quella realtà musicale nuova e fighissima.

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Bez Yorke, che di mestiere farebbe in realtà la bassista, ad un certo punto ha sentito l’esigenza di mettere in chiaro le cose e sparare in faccia al mondo le sue velleità, e lo ha fatto con una costanza e una dedizione che ad un certo punto persino Flea dei Red Hot Chili Peppers (a proposito) su Twitter l’ha salutata con un inequivocabile “good work”. Gentilezza? Rispetto? Assolutamente no. Ho vissuto in prima persona l’effetto che queste stesse canzoni hanno sortito ad un campione parecchio nutrito di ascoltatori che, passata la prima nota, ne volevano già ancora, e ancora e ancora. Non credo esista un metro migliore, premessa anche la difficoltà (la mia) di parlare di un genere, di un sound che non frequento spessissimo: direi anzi molto di rado. Quello che porto quindi alla vostra attenzione è il racconto di un piccolo ‘miracolo’, di una bomboniera, un confetto che è lì e non chiede che di essere assaggiato da tutti voi: almeno per provare.

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Cercando invece di tratteggiare per sommi capi quella che è la proposta musicale di “Pleonasm” possiamo dire che – lungo queste 8 tracce – le influenze non sono certo poche ma altresì più che marcate: dagli ultimissimi Radiohead (ma anche Atoms For Peace), al Moby di “18” passando per Pj Harvey, Beck e Tricky. Niente male, direi: specie per chi mastica la materia. In chiusura, quindi, la faccenda si fa più che semplice direi banale: così come Bez non deve chiedere, voi – con tutto il rispetto – non avete alcun motivo per farvi pregare.

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Buona fortuna. A lei, come (appunto) a voi.

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