“Le nostre consulenze, soprattutto quelle in merito al ritardo nei soccorsi, vanno in una direzione diametralmente opposta a quella del Pubblico ministero. Abbiamo chiesto al giudice se desidera disporre un’ulteriore perizia probatoria a riguardo”. Lo afferma Andrea Miroli, uno degli avvocati difensori della famiglia Ciontoli insieme a Pietro Messina, al termine della discussione dell’udienza preliminare per l’omicidio di Marco Vannini di oggi a Civitavecchia. “Le nostre perizie vanno in una duplice direzione – continua l’avvocato – la prima, è quella di accertare che i signori Ciontoli e della signora Viola Giorgini non potevano rendersi conto della gravità della situazione, e questo trova riscontro in acquisizioni testimoniali tra i tecnici e i sanitari che sono intervenuti. Poi, relativamente al ritardo nei soccorsi, si conclude che Marco non poteva arrivare in un pronto intervento attrezzato nei termini di tempo indicati dal Pubblico ministero”. In merito al tentativo di Antonio Ciontoli di non divulgare la notizia dello sparo al diffusori dei medici all’arrivo al Pit di Ladispoli (Roma), Miroli risponde: “Ciontoli ha detto subito al personale medico cosa era accaduto, ma ha chiesto di non farlo sapere e questo contribuisce, a nostro avviso, all’evidenza della sottovalutazione del fatto. La morte di Marco non è mai stata presa in considerazione da loro. Se lui avesse avuto certezza che Marco sarebbe morto, non avrebbe mai detto una corbelleria del genere”. Intanto, alla fine del dibattimento Antonio Ciontoli si allontana dal tribunale uscendo dalla porta posteriore, nel tentativo di fuggire a giornalisti e ai sostenitori della famiglia Vannini  riprese e montaggio di Mauro Episcopo

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