C’è un piccolo comune, nel cuore dei Castelli Romani che punta tutto sul business del “caro estinto”. A Rocca Priora, l’intero consiglio o quasi, 12 consiglieri su 15, Sel inclusa, hanno recentemente approvato un grosso e oneroso progetto per realizzare un forno crematorio all’interno del cimitero comunale. Tre milioni e trecentomila euro da investire su un’area di due ettari dove, tra sepolture e tumulazioni, si andrà a costruire il nuovo servizio di cremazione. L’assessore alle Opere pubbliche Claudio Fatelli, in aula a stento trattiene le lacrime. “Non nego una forte emozione per il tema che stiamo trattando. Parliamo di un ‘Tempio crematorio’, non di un forno, sono due cose completamente diverse”.

A spiegare il perché dell’unicità di quest’opera è l’ingegner Paolo Lentini, responsabile del progetto per la Socrim, una società nata la scorsa estate, attualmente inattiva, che senza bando di gara entra a gamba tesa nelle casse del piccolo comune ottenendo l’appalto per un valore tre volte superiore agli altri forni d’Italia, costati al massimo un milione di euro. L’ingegnere spiega, cartina alla mano, tutta una serie di servizi che arricchiranno l’offerta e anche, a suo dire, lo stesso comune di Rocca Priora. Il fiore all’occhiello di questa idea sarebbero il “Giardino delle rimembranze“, dove chi lo vorrà, potrà spargere le ceneri e udite udite, anche i “Muri delle rimembranze“, dove attaccare le targhe in memoria dei defunti. Ma la vera grossa novità, sarà l’installazione di un sistema di video sorveglianza affinché i cari possano assistere all’inserimento della salma all’interno del forno. Quanto sia opportuna questa idea lo stabilirà chi, con la morte nel cuore deciderà di assistere al macabro spettacolo, de gustibus.

La vera domanda è un’altra, come fa il Comune a decidere di versare del cemento nel cuore di un’area protetta dove proprio di recente sono state rigettate 180 richieste di condono? E’ come se il sindaco Damiano Pucci, di area Udc, dicesse ai suoi concittadini, “io sì e voi no!” Chi assicurerà ai coltivatori dell’area che le 8 salme al giorno che l’impianto promette di bruciare, non rischiano di inquinare l’aria e le falde acquifere? Tutto questo all’amministrazione non importa, d’altra parte i cittadini sono stati tenuti all’oscuro di tutto e di fronte alla proposta di un consigliere illuminato che chiedeva un referendum popolare per mettere al vaglio la realizzazione del tempio, la chiusura è stata totale. Niente referendum, l’opera si realizzerà. Con una percentuale del 15% su ogni salma, la giunta di Pucci ritiene che farà grandi affari, non curante del ristretto bacino d’utenza e dell’ancora più ristretta domanda del servizio in oggetto. In pratica su cento morti l’anno appena 10 chiedono di essere cremati. Ancor meno consolatorie sono le prospettive occupazionali dei residenti, al netto di tutto si parla di sole tre figure altamente specializzate.

Per evitare d’investire in un’opera che ha tutte le carte in regola per candidarsi a futura cattedrale nel deserto, i cittadini si stanno mobilitando chiedendo alla Procura della Repubblica di Velletri un’indagine preventiva alla realizzazione del tempio, tenendo conto dei vincoli ambientali, sismici, idrogeologici, forestali e paesaggistici dell’area. Anche perché ad oggi, a Rocca Priora non è stato fatto alcun accertamento sulle ricadute dei fumi dei camini crematori, sulla salute pubblica. Infine, senza offendere la commozione di chi ha perorato la causa dell’opera in questione, va ribadito che sebbene questo dei Castelli sarebbe il primo Tempio, intorno a Roma di forni crematori ce ne sono già tre, più uno in costruzione a San Cesareo. Evidentemente l’affare c’è ma non si vede.

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