Il monopolio è un aspetto costante nella storia delle società di intermediazione dei diritti d’autore, un fatto quasi naturale e una tendenza che va diffondendosi persino negli Stati Uniti d’America, unica eccezione, sin qui, a questa regola. Sono queste le parole con le quali, Filippo Sugar, presidente della Società italiana autori ed editori ha preso la parola, lo scorso 3 febbraio, davanti alla Commissione cultura della Camera dei Deputati. Ed è questa la posizione del numero uno della Siae, la società titolare del “monopolio” – ormai ultracentenario – più antico e più longevo nella storia dell’intermediazione dei diritti d’autore e – assieme a quello della società Ceca – dell’unico monopolio legale esistente in Europa.


Una posizione ovvia e scontata: il monopolista che tira acqua al mulino del monopolio. E egualmente ovvia è la ragione per la quale il numero uno di Viale della Letteratura, dopo essersi fatto attendere per mesi, nei giorni scorsi ha, finalmente, deciso di presentarsi alla Camera dei Deputati.

Parlamento e governo, nei prossimi mesi, dovranno mettere mano al recepimento di una direttiva europea che, se correttamente attuata, priverebbe la Società italiana autori ed editori della sua ultracentenaria esclusiva imponendole di iniziare ad operare in regime di concorrenza, un contesto nel quale un gigante dai piedi d’argilla, lento e costoso come la Siae, non avrebbe vita facile. Ovvio, pertanto, che la parola d’ordine in Siae sia da mesi – e sarà per mesi – scongiurare il rischio che governo e Parlamento facciano il loro dovere ed attuino, per davvero, la Direttiva europea aprendo il mercato alla concorrenza.

Meno ovvie e scontate e, anzi, a tratti fuorvianti, ambigue, equivoche e non veritiere sono, invece, le argomentazioni che il Presidente della Siae ha snocciolato davanti ai Deputati per convincerli della bontà della propria tesi. Vale la pena passarle in rassegna. Cominciamo dalla prima: la regola del “così fan tutti”.

Monopoli legali e di fatto nell’intermediazione dei diritti d’autore, dice il Presidente della Siae, sono dappertutto in Europa e presto potrebbero fare capolino anche negli Usa in forza di precise raccomandazioni del copyright office, l’ufficio del governo di Obama che si occupa di queste questioni.

E’ semplicemente una bugia mascherata da verità.

Tanto per cominciare c’è una bella differenza tra un monopolio legale e un monopolio di fatto: il primo è una situazione di mercato artificiale creata dalla legge e sulla cui efficienza è sempre lecito dubitare mentre il secondo è una condizione in continuo divenire, sempre modificabile e figlia esclusivamente delle dinamiche di mercato che, salvo patologie, sono guidate dalla ricerca della massima efficienza.

In Europa non esistono, ad oggi, altre esclusive legali come quella sulla quale può contare la Siae; unica eccezione la Repubblica Ceca. Curioso per davvero – se il Presidente Siae avesse ragione – che in nessun altro Paese europeo, Repubblica Ceca a parte, si sia, sin qui, avvertita l’esigenza di riconoscere un’esclusiva legale ad una società di intermediazione dei diritti d’autore. Neppure in Francia o in Inghilterra, che pure sono protagoniste indiscusse del mercato musicale globale.

Ma non basta.

Non corrisponde neppure al vero, infatti, che il “monopolio” – o qualsivoglia suo parente prossimo – sia all’orizzonte negli Stati Uniti d’America dove il copyright office si è ben guardato dal dire ciò che il Presidente della Siae ha lasciato intendere ai deputati che avrebbe detto. Basta leggere le oltre 200 pagine del report del copyright office statunitense citato dalla Siae nel documento consegnato alla Commissione cultura per convincersene.

E veniamo poi alla Direttiva europea sull’intermediazione dei diritti che, secondo il Presidente della Siae non solo non obbligherebbe il nostro Paese a eliminare o, almeno, ridimensionare l’esclusiva concessa alla Siae ma promuoverebbe, addirittura, l’aggregazione tra i soggetti di mercato attualmente esistenti e, dunque – anche se Filippo Sugar non si spinge a dirlo espressamente – il modello italiano.

Naturalmente anche questa affermazione non è corretta.

“La parola che nella Direttiva ricorre più spesso – scandisce il Presidente della Siae ai membri della Commissione cultura – è ‘aggregazione’, 18 volte”. E’ una balla, della quale peraltro si fa davvero fatica a comprendere l’utilità. Nel testo della direttiva, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale la parola “aggregazione” ricorre appena tre volte e non è mai usata per suggerire – o addirittura imporre – agli Stati membri di restringere il numero delle società di intermediazione dei diritti operanti sul mercato.

E’ vero, semmai, il contrario e basta leggere il Considerando 4 della Direttiva, per convincersene: “È opportuno che gli organismi di gestione collettiva stabiliti nell’Unione possano beneficiare delle libertà sancite dai trattati nel rappresentare titolari dei diritti residenti o stabiliti in altri Stati membri o nel concedere licenze a utilizzatori residenti o stabiliti in altri Stati membri”. Ciascuna delle decine di società di intermediazione dei diritti operanti in Europa, secondo la direttiva, dovrebbe essere libera di esercitare la propria attività in tutti i Paesi dell’Unione.

Centralità degli autori, libertà di scelta della società di intermediazione dei diritti alla quale affidarsi, trasparenza ed efficienza – ammesso che il numero di ricorrenza di una parola in un testo di legge abbia un qualche significato politico – sono le espressioni più ricorrenti nella direttiva. Altro che “monopoli”, “esclusive”, “cartelli” ed “aggregazioni”.

Ora, naturalmente, la parola passa a Parlamento e governo perché tocca a loro attuare – ed attuare in fretta – la direttiva europea il cui termine per il recepimento scadrebbe il prossimo 10 aprile 2016. Lasciar scadere questo termine senza aver recepito la Direttiva, oltre a costare al nostro Paese l’ennesima procedura di infrazione, minaccia di creare una situazione di enorme incertezza che potrebbe portare alla paralisi del mercato dei diritti con buona pace della tutela dei titolari dei diritti che dovrebbe rappresentare la preoccupazione prioritaria della Siae prima e di governo e Parlamento poi.

Nota di trasparenza: nonostante il post contenga dati obiettivi, assisto professionalmente una società concorrente della Siae, circostanza che potrebbe falsare la mia valutazione. I lettori sono invitati a formarsi un’opinione ascoltando la versione integrale dell’audizione del Presidente Siae e approfondendo attraverso i link ai documenti citati.

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