Tasse sull’acquisto, leggi che al contrario consentono di andare in giro come in un film western e l’annunciata offensiva senza precedenti contro la lobby delle armi. Segnali discordanti dagli Stati Uniti d’America in una manciata di ore. Mentre il presidente Barack Obama promette nel primo messaggio del 2016 una serie di misure per rendere più difficile l’acquisto delle armi, dall’America arrivano segnali che vanno in direzioni opposte. Così a Seattle si introduce una nuova tassa per gli acquirenti di fucili e pistole e in Texas entra in vigore una legge che permette di portare le armi al ristorante o al lavoro, senza neppure nasconderle. Anche agli inizi di dicembre, dopo la strage di San Bernardino, Obama aveva annunciato il pugno duro. Eppure le sue parole erano state accolte con scetticismo. La verità è che non sarà facile e questa è la sua ultima chance.

LA STRETTA ANNUNCIATA DA OBAMA – Il presidente degli Stati Uniti ha aperto il 2016 rilanciando la campagna per il controllo della circolazione delle armi da fuoco. Lunedì incontrerà il Procuratore generale Loretta Lynch con lo scopo di programmare alcune misure e preparare l’annuncio. Che dovrebbe arrivare entro la fine della settimana prossima. L’obiettivo è rendere più difficile l’acquisto di armi e, per raggiungerlo, non si esclude il ricorso a decreti esecutivi. Il primo ‘cambiamento’ potrebbe arrivare con un rafforzamento dei background check, i controlli preventivi per verificare se l’acquirente di un’arma ha precedenti penali o soffre di disturbi mentali. La stretta sulla vendita di pistole e fucili riguarderà anche quelli d’assalto, costruiti per le guerre ma portati e utilizzati anche per le strade di molti Stati. Secondo le indiscrezioni, saranno inaspriti anche i controlli nei grandi punti vendita come i supermercati.

A SEATTLE UNA TASSA SULL’ACQUISTO DI ARMI – In questa direzione va l’introduzione a Seattle, nello Stato di Washington, di una tassa sull’acquisto di armi: 25 dollari a pistola o fucile venduti, da 2 a 5 centesimi per ogni proiettile. La legge è stata approvata a fine anno e, secondo i giudici, non interferisce con il principio del secondo emendamento della Costituzione americana che garantisce il diritto dei cittadini a possedere un’arma. Un passaggio che, come c’era da aspettarsi, con convince affatto le lobbie. Tanto che è già stato presentato un ricorso. Eppure, se il provvedimento supererà questo ostacolo, la tassa sarà una realtà e, soprattutto, rappresenterà un importante precedente. Potrebbe aprire la strada a leggi simili in tutti gli Stati Uniti.

IN TEXAS SI GIRA ARMATI SENZA NASCONDERSI – Mentre a Seattle si introduce la tassa, in Texas entra in vigore la legge che permette di andare in giro con la propria pistola, senza neppure avere il disturbo di doverla nascondere. Nelle stesse ore in cui Obama ha pronunciato il suo discorso sull’uso delle armi, il 1 gennaio è entrata in vigore la norma che introduce il principio dell’open carry ovunque ci si trovi. Dal lavoro al ristorante. Si tratta di un provvedimento che riguarda oggi un milione di texani, ossia tutti quelli che sono già in possesso di una licenza e che fino al 2015 potevano trasportare armi, ma nascondendole. Per loro sarà però obbligatorio fornire impronte digitali e sottoporsi a background check più rigidi. L’entrata in vigore della legge ha spaccato l’opinione pubblica. Nonostante negli Usa siano più di quaranta gli Stati che consentono, in alcuni casi, di portare liberamente le armi senza doverle nascondere, di certo il Texas è quello più grande. Ventisette milioni di abitanti.

I NUMERI DELL’EMERGENZA – Negli Stati Uniti ogni anno sono 32mila le persone uccise da armi da fuoco. E davanti ad ogni tragedia, cresce nell’opinione pubblica la volontà di armarsi. Questo dicono i sondaggi elaborati all’indomani di sparatorie tristemente note in tutto il mondo. Dai massacri alla Columbine High School (il 20 aprile 1999 due studenti aprirono il fuoco a scuola, uccidendo 12 compagni e un insegnante) e a Newtown, in Connecticut (nel dicembre 2012 c’erano venti bambini tra i 27 morti) fino alle ultime stragi all’Umpqua Community College dell’Oregon (a ottobre, 9 morti e 9 feriti) e in un centro per disabili di San Bernardino (a dicembre, 14 morti). Anche la politica è rimasta sempre a guardare. Pochi mesi dopo la strage di Newtown, il Senato a maggioranza repubblicana bocciò la proposta di legge che avrebbe reso obbligatori i controlli sull’identità dei possibili acquirenti di armi.

LE LOBBIE, GLI ERRORI E L’ULTIMA POSSIBILITÀ – Tra le lobbie delle armi la più potente è la National rifle association, fondata nel 1871 da veterani della Guerra Civile. Sono quattro milioni e mezzo gli iscritti, tra di loro ci sono stati 8 presidenti, tra cui George W.Bush e persino John F. Kennedy. La Nra può contare sul denaro dei suoi sostenitori. Dopo la strage di Newtown furono ‘investiti’ oltre 14 milioni di dollari in comunicazione, per far dimenticare l’orrore. Il risultato? L’anno dopo il massacro nel quale morirono 20 bambini, si registrarono 100mila nuove iscrizioni. Il denaro che arriva alla Nra attraverso le quote di iscrizioni e le donazioni viene speso ‘strategicamente’. I membri del Congresso (in larga parte i repubblicani vicini alla destra conservatrice), per esempio, ricevono circa 3 milioni di euro l’anno in donazioni. Ecco perché Obama sa che questa è una battaglia che condurrà da solo. Nel 2008 scelse di non esporsi: quando la Corte Suprema degli Stati Uniti modificò in senso conservatore la sua giurisprudenza sul secondo emendamento della Costituzione (e fu sancito il diritto costituzionale del possesso delle armi), Obama – candidato alla presidenza – si dichiarò favorevole a questa decisione, pur sottolineando la necessità di imporre dei limiti. Avrebbe sicuramente perso consensi tra i conservatori delusi dell’amministrazione Bush. Oggi non è più ‘ostaggio’ del voto elettorale, ma di fronte ha le lobbie sempre più potenti e quell’emendamento. Ma questa è la sua ultima possibilità.

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