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Cinema come terapia, negli ospedali arriva Medicinema: “Allevia le sofferenze e accelera la guarigione”

Il primo spazio sarà inaugurato al Policlinico Gemelli, tra le strutture che hanno aderito finora l'ospedale Humanitas di Rozzano e il Niguarda di Milano. Il video di lancio firmato da Tornatore, i film forniti da Rai Cinema e Walt Disney
Cinema come terapia, negli ospedali arriva Medicinema: “Allevia le sofferenze e accelera la guarigione”
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Il cinema come terapia per chi è ricoverato in ospedale. Nato all’ospedale St. Thomas di Londra e sviluppato nel resto del Regno Unito, ora il progetto è arrivato in Italia grazie a Medicinema, al sostegno del ministero della Salute e di Rai Cinema e Walt Disney, che mettono a disposizione i film. Il primo spazio sarà inaugurato a febbraio al Policlinico Gemelli di Roma: l’ex aula di anatomia della facoltà di Medicina sarà riadattata a “sala di cinematerapia“: 450 metri quadri su due piani, dove potranno essere accolti anche i pazienti che non sono in grado di camminare. “Il cinema ha un grande potenziale palliativo, e diverse ricerche scientifiche internazionali lo dimostrano” spiega Fulvia Salvi, fondatrice di Medicinema Italia. “Secondo le neuroscienze la visione su grande schermo produce un ‘effetto pausa’, diminuendo la percezione del dolore. Sono documentati effetti positivi sul modo in cui il paziente affronta la malattia e le terapie: si attiva un processo di sospensione della sua condizione di disagio, quasi un naturale anestetico, che aiuta i tempi di guarigione e facilita l’azione delle necessarie terapie mediche”. Tra le strutture che hanno aderito al progetto compaiono anche l’ospedale Humanitas di Rozzano e lo Spazio Vita del Niguarda di Milano, annesso al centro di unità spinale, dov’è già attiva da settembre una sala di cento posti, che ospita una cabina di regia, tecnologie avanzate e offre un programmazione alternata per pazienti di diverse età.

medicinema 2Le dimostrazioni di sostegno a questo progetto arrivano anche dal mondo dello spettacolo. Il video di lancio è stato diretto da Giuseppe Tornatore, nel quale è descritto il senso del progetto, quello di una concezione estesa di cura, di umanizzazione del malato, della possibilità di spingere verso una diversa esperienza del ricovero. Il cinema diventa formalmente parte di un percorso terapeutico e di un lavoro d’equipe, gettando un ponte fra diverse discipline e competenze. Lo scopo è creare momenti di normalità nella sofferenza, incoraggiando una routine positiva anche nei contesti più direttamente associati a sofferenze e difficoltà. [youtuber youtube=’




“Questi film sono anche un’occasione di incontro con chi vive la mie stesse difficoltà: un realtà fatta di cinema inaccessibili, pochi posti riservati ai disabili e sempre in prima fila”

I primi riscontri sono incoraggianti. Per Sara, 30 anni, in terapia all’Unità Spinale del Niguarda, “questi film sono anche un’occasione di incontro con chi vive la mie stesse difficoltà: un realtà fatta di cinema inaccessibili, con pochi posti riservati ai disabili e sempre in prima fila. Per me è impossibile pensare uscire in comitiva. Medicinema mi aiuta a riconquistare una normalità”. Sulla stessa linea Paolo, 40 anni e una grave disabilità motoria causata da un incidente d’auto: “La cinematerapia raggiunge tanti obiettivi con un solo strumento. Il film permette la condivisione di opinioni, di esperienze: mi aiuta a reagire e gestire meglio paure e difficoltà. A ridimensionarle”.

“Bisogna tener presente – spiega Silvia Ferrario, responsabile comunicazione di Spazio Vita – che le proiezioni rientrano in un più ampio progetto sociointegrativo e riabilitativo, che comprende una preventiva valutazione dei film da parte degli psicologi e interviste successive alle proiezioni. Abbiamo riscontrato ottime impressioni soprattutto da pazienti costretti a lunghe degenze. La durata media di un ricovero per lesioni del midollo è infatti di 6 mesi: spesso i pazienti sono giovani, e abbiamo in cura circa 400 bambini, provenienti da tutta Italia”. L’obiettivo, dunque, è “arrivare a una programmazione più frequente e differenziata per tipologia di paziente. Coinvolgendo in questo percorso il maggior numero possibile di reparti”.

Twitter @aura_ti

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