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Attentati Parigi, Veronesi: “Occorre uno sforzo pacificatore. L’Is va ascoltato”

L'oncologo all'AdnKronos Salute spiega che "le ragioni dell'Is vanno comprese, perché come altre minoranze in Europa e nel resto del mondo chiede una patria". E sottolinea che in questo "momento delicatissimo non bisogna fomentare l'anti-islamismo" ma puntare a "dialogo e trattative"
Attentati Parigi, Veronesi: “Occorre uno sforzo pacificatore. L’Is va ascoltato”
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Il giorno dopo gli attentati a Parigi rivendicati dallo Stato islamico, che hanno provocato almeno 128 vittime, l’oncologo Umberto Veronesi si mostra conciliatore e cerca di gettare acqua sul fuoco, in un momento in cui le reazioni agli attacchi jihadisti sono state per la maggior parte indirizzate ad una reazione “pronta e spietata”. L’attuale direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia ha spiegato all’Adnkronos Salute che “occorre da parte nostra uno sforzo pacificatore, e siamo proprio noi come Occidente a doverlo fare. Sono contrario all’idea di fare guerra all’Is, perché violenza chiama violenza. Più loro tagliano teste, più noi bombardiamo: qualcuno deve fermare questa catena di azione e reazione e deve farlo con il dialogo e la tolleranza religiosa. L’Is va ascoltato“.

E’ il punto di vista dell’ex ministro della Sanità all’indomani della Conferenza mondiale di Science for Peace che si è tenuta a Milano. Invocando uno sforzo pacificatore “da chi si ritiene civile, contro l’irrazionalità”, Veronesi chiede alla comunità internazionale di “fermarsi a riflettere perché l’Is va ascoltato, le sue ragioni vanno comprese, perché come altre minoranze in Europa e nel resto del mondo chiede una patria. Questo non significa – aggiunge – che la violenza come quella di Parigi possa in qualche modo essere legittimata, ma piuttosto che la pace non può che passare attraverso il dialogo e la tolleranza”.

L’oncologo è convinto che il momento sia “delicatissimo”. E che non ci si debba far travolgere dall’emozione. “La reazione immediata di coloro che chiedono una vendetta è più che comprensibile in questo momento – riflette – ma si tratta di una reazione emotiva, che dovrebbe essere superata a favore di dialogo e trattative. Soprattutto – sottolinea – non bisogna fomentare l’anti-islamismo o in generale il conflitto religioso“.

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