Da quando Halloween è diventato un fenomeno commerciale lo evito. Non ricordo quando è successo. Quando ero piccolo, nell’Italia degli anni ’70 del secolo scorso, Halloween era una pratica sconosciuta. Non c’erano feste e le ricorrenze dei morti erano giorni tristi e noiosi per me costretto a seguire i pellegrinaggi dei genitori nelle visite ai cimiteri. Come gli altri bambini anch’io non ero molto interessato ai morti in quegli anni…

A un certo punto il tempo dell’infanzia se ne è andato e, quasi contemporaneamente, tutti gli infanti attorno a me hanno iniziato a festeggiare questa novità chiamata Halloween con zucche disegnate dappertutto e questo rito di “dolcetto scherzetto”. Solita americanata per fare un po’ di business, ho pensato per anni. E invece no. Non solo, almeno. Di recente ho letto un libro che mi ha fatto cambiare idea; è “The time of the Black Jaguar” di Arkan Lushwala. Un libro straordinario sull’attualità della saggezza delle civiltà indigene dell’America precolombiana in cui l’autore mostra come Halloween sia certamente una trovata commerciale ma le sue radici, quelle no, sono molto più importanti e profonde della melassa che ci passano i media il 31 ottobre.

Il significato arcaico di Halloween: donare non consumare

Da sempre, ovunque nel mondo, esiste il culto del morti e, anzi, è un indice del nostro grado di umanità. Per gli archeologi, ad esempio, una tomba con segni di rituali associati alla morte è un indice importante del grado di evoluzione di una civiltà.

Al culto dei morti è spesso associato il rito del donare: biscotti o piccole cose per nutrire le anime di coloro che non ci sono più, e questo nutrimento avviene attraverso il dono di qualcosa di sé agli altri appartenenti alla nostra comunità. Il consumismo ha manipolato tutto ciò, sfruttando la potenza dei riti arcaici, per far sì che l’obiettivo di Halloween sia di accumulare-mangiare-consumare: cibo, cose, fatti, emozioni. Oggi Halloween è solo l’ennesima occasione in cui si coinvolgono i bambini nell’unico vero rito della nostra società: il consumo fine a se stesso.

La forza dei riti arcaici che si svolgevano in questo periodo dell’anno, in Perù come nel Europa precristiana, non risiede nella banale festa commerciale. La sua dimensione originaria è quella della gratitudine: del donare una parte di sé, qualcosa che si è fatto con le proprie mani, col cuore, per nutrire chi è già passato nell’aldilà ma, sopratutto, noi che viviamo in questo “aldiquà”. Oggi le feste dei morti non sono più noiose per me. In tutta Italia ci sono biscotti che si fanno solo in questo periodo dell’anno, ogni luogo ha la sua ricetta, ognuna con il profumo della terra da cui nascono gli ingredienti. In Romagna, dove sono nato e vivo, ci sono le favette dei morti, biscotti colorati al profumo di anice. Il 31 ottobre a casa mia si preparano proprio questi. Dolci che hanno il profumo del grembiule di mia nonna e del sorriso di mio nonno. Gente che ha attraversato la miseria e le guerre mantenendo la gioia di vivere.

Halloween, il rito mondiale degli scrittori sconosciuti: il Nanowrimo

Oltre alla festa commerciale il 31 ottobre succede anche un’altra cosa in tutto il mondo: ci sono migliaia di scrittori che si preparano per partecipare a un rito collettivo che li porterà a scrivere il loro romanzo durante il mese di novembre: dal 1 al 30 novembre. Sono un’esercito armato di tutte le tecnologie per la scrittura oggi a disposizione e si ripromettono di terminare la bozza del loro romanzo in trenta giorni.

Questa manifestazione si chiama Nanowrimo e chi partecipa (gratuitamente) si impegna a scrivere il proprio libro dal 1 al 30 novembre. Impossibile? Migliaia di persone lo fanno ogni anno. Chi non ha mai detto almeno una volta nella vita “vorrei scrivere un libro!” Questa è un’opportunità per farlo non da soli, ma insieme a migliaia di altri che nutrono lo stesso desiderio.

Sono scrittori ignoti, persone comuni, gente che se incontri per strada non la riconosci, perché sono la commessa dietro il banco del supermercato, il prof. di matematica di tuo figlio, il giardiniere della cooperativa che spazza le foglie dal viale… chiunque. Chiunque senta il desiderio di donare qualcosa di sé, di lasciare una traccia, un segno lungo il percorso e, per un mese, prende un impegno con sé stesso: scrivere il proprio libro, la storia che porta dentro da sempre.

Le ragioni per scrivere: la promessa a se stessi

Ci sono tante ragioni per scrivere: per mestiere, per diventare famosi, per amore, per sfuggire ai fantasmi o per incontrarli. Per salutare amici che non ci sono più o immaginare mondi nuovi. In ogni caso è la condivisione di una parte di sé, soprattutto se chi scrive lo fa senza un altro fine che non sia quello di raccontare una storia.

Di recente ho conosciuto uno scrittore vero, di quelli che fanno i turni in fabbrica per comprarsi il tempo di scrivere. Una persona per cui la scrittura è come l’ossigeno, uno che ha scritto quaranta libri e non si cura di quanti ne ha venduti pubblicandosi da sé attraverso un sito internet di self-publishing. Si chiama Max Colossi e i suoi libri li trovi qui. È un tipo creativo, irriducibile a questa realtà fatta di norme, di regole assurde, a volte violente. Perché lo spazio della scrittura, come ogni forma di arte, è quello della creatività: uno spazio per respirare aria pura e sopravvivere alle costrizioni che ogni giorno ci arrivano innumerevoli. E tutti questi scrittori la notte di Halloween fanno una promessa a se stessi: di impegnarsi, di provare a tirar fuori il meglio di ciò che hanno dentro per metterlo su carta. Che è anche il primo passo per trasformare un pensiero in azione. E io sarò uno di loro.

Mi fa bene pensare che in tutto in mondo c’è qualcun altro che si sveglia alle 5 del mattino, o nel cuore della notte, per dedicare un tempo fuori dal caos della vita quotidiana a scrivere nel silenzio il libro che ha sempre sognato. Per vendere, magari, quattro copie o un milione. Per arrivare in fondo, comunque, a una storia che sia scritta in modo libero, senza nessun vincolo e senza chiedere il permesso a nessuno. Una storia anarchica. Di libertà. Come la musica, la danza o l’arte in ogni sua forma.

Ps: Se decidi di partecipare al Nanowrimo ci saranno varie manifestazioni durante il mese di novembre in varie parti d’Italia che saranno segnalate su questa pagina Facebook (in italiano). Il calendario degli eventi viene aggiornato di giorno in giorno. Per chi arriverà in fondo, ma anche per chi è solo curioso, sabato 5 dicembre, a Bologna, dalle 15 alle 18, ci sarà il primo incontro degli scrittori che ce l’avranno fatta. L’evento è gratuito ed è organizzato dalla Self Publishing School e dalla Biblioteca Borges di Bologna.

 

Articolo Precedente

Canada, leggi un libro in vetrina e ti fanno lo sconto. Accorrono in centinaia. I proprietari: “Questi clienti irradiano lettura attorno a loro”

next
Articolo Successivo

“Il facilitatore”, Sergio Rizzo romanza (ma non troppo) il sistema delle tangenti

next