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‘Much loved’, much attacked: il film sulla prostituzione scatena censura e minacce

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Da giovedì è nelle sale italiane Much loved, un film del regista franco-marocchino Nabil Ayouch, proiettato quest’anno al Festival di Cannes e a al Toronto International Film Festival.

Rappresentante del Marocco agli Oscar 2008 con “Whatever Lola wants“, questa volta Ayouch è finito in disgrazia: secondo le autorità di Rabat, “Much loved” è gravemente offensivo verso i valori morali e le donne marocchine e lesivo per l’immagine del paese.

Ayouch vive sotto scorta, il cast ha subito minacce e uno degli attori è stato accoltellato. Su Facebook gli insulti si sprecano.

Cosa ha fatto Ayouch per meritare questa “attenzione”?

Ha rappresentato una Marrakech che non vedi nelle cartoline: notturna, di povertà, rifiuti, umanità ai margini.

In questa Marrakech vivono e lavorano quattro prostitute: Noha, Randa, Soukaina e Hlima. Vendono il loro corpo ai ricchi connazionali e soprattutto a quelli stranieri (nel film compaiono costantemente facoltosi e volgari clienti sauditi), subiscono violenza e ricatti da parte della polizia. Mezzo paese le ripudia (comprese le famiglie che fanno campare), l’altra metà le brama.

I dialoghi sono spinti, così come esplicite sono alcune scene. Ma è improbabile che siano state queste le ragioni del divieto di distribuzione del film in Marocco.

Mi sa che ha ragione il regista, che in una recente intervista ha dichiarato che, se avesse scelto di “mostrare queste donne come miserabili perdenti”, le cose sarebbero andate meglio.

Noha, Randa, Soukaina e Hlima non sono né miserabili né perdenti. Hanno dignità, rivendicazioni, passioni. Reagiscono, sprezzanti, agli insulti e li restituiscono. Incassano la violenza ma non si perdono d’animo. Ridono, litigano, si coccolano in un mondo tutto loro dal quale i rapporti di forza sono lasciati fuori.

La libertà d’espressione ha fatto passi avanti in Marocco, ma evidentemente ci sono ancora pezzi di “sordida realtà” che non devono essere mostrati: la citazione è da un altro film vietato in patria, “Taxi Teheran”, di Jafar Panahi, distribuito in Italia come “Much loved” da Cinema di Valerio de Paolis.

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