In Italia si scrive tanto, forse troppo visto che le ultime stime parlano di oltre 60mila pubblicazioni annue alle quali vanno aggiunti gli 8mila libri autoprodotti; una media di oltre 186 libri scritti ogni santo giorno e considerato che, secondo l’Istat, meno del 50 per cento dei lettori (clienti) legge al massimo un libro l’anno verrebbe da chiedersi perché tanto ardore per la scrittura. Esclusa l’ipotesi poco edificante per gli autori, che le ragioni possano essere gli inviti per rassegne, presentazioni, comparsate televisive, notorietà nei vari incontri a cui seguono aperitivi e buffet più o meno ricchi, rimane la domanda perché ci sia questa irrefrenabile voglia di essere scrittori o definirsi tali. Su come non lo si diventa a Gianrico Carofiglio – che ha scelto di lasciare magistratura e Senato per dedicarsi ai personaggi dei suoi romanzi di successo – qualche idea è venuta: dodici piccole regole tradotti anche in un mini video sul suo blog “I fiori del male”. Unica avvertenza: la lettura di queste perle di onestà intellettuale potrebbe mettere a dura prova il super-io che alberga in molti di noi.

Primo non credere che l’ispirazione sia tutto, secondo in italiano a scuola ho sempre preso voti alti, terzo ho un amico, ho molti amici scrittori, quarto io non leggo niente, scrivo e basta, quinto a mia mamma e al mio fidanzato il testo è piaciuto infine rendersi conto che se i suddetti hanno il coraggio di un’espressione come “vuoi la verità?” non è un bel segno e forse non è il caso di accanirsi dilapidando energie e soldi nell’autoproduzione dell’opera omnia rivolgendosi all’avido stampatore di turno.

Evitare il peccato di presunzione di scrivere per lanciare un messaggio è il sesto paletto del dodecalogo di come non si diventa scrittori: per Carofiglio è rischioso sentirsi come novelli naufraghi sull’isola dell’ispirazione pronti a lanciare al mondo intero il nostro messaggio nella bottiglia. La settima regola consiste nel credere che nel romanzo sia necessario raccontare la verità che non significa narrare fatti realmente accaduti ma affrontarli attraverso il raffinato strumento della finzione. L’ottavo consiglio si commenta da solo sì al talento, no ai talent, la nona dritta invece affronta il tema del plot narrativo e l’idea sbagliata che la storia non è importante, ciò che conta è scrivere bene. In Italia dunque, c’è una sconfinata offerta di testi a fronte di una richiesta ai minimi termini eppure ogni giorno giovani e non inviano lettere di accompagnamento ai loro manoscritti. Da qui la decima perla, astenersi dall’inviare lettere maliziose al presunto editore sperando di rendersi interessanti o peggio, accattivanti.

Infine le ultime due considerazioni come scrivere è facile e divertente e ancora posso scrivere ciò che voglio, perché la letteratura è fantasia. Sorride e ironizza Gianrico Carofiglio, ex uomo di legge che assicura come anche il mondo della fantasia sia regolato da leggi. A tutela del lettore.

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