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Auto, che passione! Il mio manifesto

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Vi ricordate le pubblicità delle auto anni ’90? Erano tutte orientate a vendere un’emozione, un desiderio. Ora Internet, la tv e le radio ci bombardano con messaggi deliranti sul tasso agevolato e sulle rate vantaggiose. Delle prestazioni dell’auto nemmeno l’ombra. Spot sconcertanti in cui ti chiedi se stiano reclamizzando un elettrodomestico con quattro ruote oppure un titolo finanziario. Stanno letteralmente distruggendo un sogno. Anzi, probabilmente, l’hanno distrutto.

Ascari-Ferrari

Tutto questo è tremendamente ingiusto, ridateci i nostri sogni! Quando eravamo piccini ci affacciavamo dal finestrino posteriore dell’auto, nella speranza di vedere una vettura sportiva, di udire un rombo che voleva dire sportività, follia, sogno. Oggi, invece, stanno soffocando ogni entusiasmo, perché se vedi una supercar per strada uno dei primi pensieri che raggiunge la mente è: eccolo, l’evasore fiscale.

L’acquirente è assillato da consumi (come dargli torto con la crescita costante del prezzo della benzina), costi di bollo e assicurazione, ma anche cilindrata e cavalli, perché c’è modo e modo per accendere i riflettori del fisco e quello giusto non è di certo perseguitare chi ha un 3.0 l da 250 CV, già tartassato da un superbollo iniquo. Così il bambino, che è ancora lì a guardare dal finestrino, non troverà più nulla che gli susciti qualche interesse. Vedrà una marea di scatolette di metallo dal design simile e ben presto si stuferà di guardare all’esterno, prenderà lo smartphone del padre e giocherà a qualche gioco alienante. Con questi scenari non stupitevi se le vendite crollano o se tra qualche anno saremo tutti a bordo di i-cloni informi senza “anima”.

Molti oggi esultano se la quota di biciclette vendute in Italia supera quelle delle auto, senza comprendere a fondo le conseguenze della crisi di questo settore. Non si può dire che la strada dell’ecologia sia sbagliata in assoluto, ma la parola d’ordine deve essere efficienza, un termine molto spesso dimenticato e sottovalutato.

Criminalizzare la velocità come se fosse il problema del ventunesimo secolo è come prendersela con il frigorifero mentre si combatte l’obesità. Attacchiamo piuttosto quelle scuole guida che (non tutte ovviamente) vendono patenti e non formano l’automobilista, lottiamo contro quella massa di potenziali assassini che si siede al volante sotto l’effetto di alcool o di stupefacenti, gente che con la passione e con amore per l’auto non ha nulla in comune.

Noi appassionati però non molliamo. Noi no. Innamorati e un po’ folli, apriamo ancora il cofano (ormai sconosciuto ai più) e ci indebitiamo di nascosto per mettere la benzina con più ottani. “Non serve e spendi di più”, ci dice chi è finito nel nuovo, confusionario, ordine di idee, ma noi perseveriamo incuranti perché l’emozione non è ragione. Chi vive con questi principi non abbia timore nel sentirsi fuori dal coro, anzi ne sia orgoglioso.

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